close
4 RuoteFormula 1Su pista

Hartley: “La pressione in F1 è assurda, temevo che se avessi scoreggiato in auto ne avrebbero parlato!”





“Il GP di Monaco per me è stato complicatissimo: se mi guardo indietro, la cosa che ricordo di più è stato il ritrovarsi i Media che mi facevano domande sul mio futuro prima ancora che il weekend iniziasse“. E’ alle pagine di The Players Tribune che Brendon Hartley ha deciso di raccontare a cuore aperto la sua prima – e per ora ultima – stagione completa da pilota di F1. Nel capitolo conclusivo di una rubrica che lo ha visto raccontare passo dopo passo il proprio percorso nel Circus, il neozelandese ha deciso di tracciare una sorta di bilancio della propria annata, dimostrando che la Formula 1 è un mondo tanto patinato e glitterato quanto crudele e spietato.

© Peter Fox / Getty Images / Red Bull Content Pool
© Peter Fox / Getty Images / Red Bull Content Pool

Il Kiwi, che ha partecipato al Mondiale 2018 di F1 tra le fila della Scuderia Toro Rosso, è stato visto con molto scetticismo sin da quando, ancor prima che la stagione iniziasse, è stato confermato al fianco di Pierre Gasly. Uno scetticismo iniziale che, a quanto pare, non riguardava solamente i media e gli addetti ai lavori ma coinvolgeva anche persone che con Hartley avevano un rapporto lavorativo ben più stretto. “La parte peggiore di quel mercoledì di Monaco” – prosegue infatti il #28 – “E’ stata rendersi conto che in quelle voci che circolavano c’era un fondo di verità: ero lì, agli esordi della mia carriera di F1, e mi sentivo già fare domande su quella che avrebbe dovuto essere la fine. Dopo pochissimi GP, effettivamente, c’erano già delle persone che non volevano fossi lì. Sono onesto, per me è stato uno shock. Dopo aver vinto due titoli WEC, aver vinto la 24 Ore di Le Mans ed aver battuto Pierre in due delle prime tre qualifiche dell’anno è stato davvero difficile per accettare che stessero davvero pensando di sostituirmi così presto.

It felt like if I farted in the car somebody would be writing or commenting on it.

“Tuttavia, è questa la vita in F1” – prosegue Hartley – “Da quel momento ho sentito su di me una pressione che non avevo mai avvertito in tutta la mia carriera, e quella sensazione di dovermi guardare le spalle mi ha accompagnato per tutto l’anno. Certo, la pressione in F1 arriva da tutti gli angoli, ma era la sensazione di sentirmi sempre osservato al microscopio che per me rappresentava una novità. Mi sembrava che se avessi scoreggiato in auto qualcuno ne avrebbe parlato e lo avrebbe commentato“. Le cose però, per il rookie neozelandese, in alcuni casi sono anche andate bene: “Quelle occasioni in cui siamo riusciti a mettere insieme tutto mi sentivo bene, mi sentivo di meritare di essere tra i migliori del mondo e di poter lottare sgomitando con loro, nonostante quello che scrivevano alcuni” – scrive ancora Hartley – “Tutto ciò è avvenuto più spesso nella parte finale della stagione, e per questo sono andato ad Abu Dhabi sapendo che, qualsiasi cosa fosse successa di lì a poco, sarei potuto uscire dal circuito a testa alta“.

© Getty Images / Red Bull Content Pool
© Getty Images / Red Bull Content Pool

A volte, tuttavia, la cruda realtà riesce a ferirci persino quando crediamo di essere pronti ad affrontarla. “Non avevo idea di cosa sarebbe successo in quel weekend” – si legge ancora su The Sport Tribune – “Questo è il guaio della politica in F1, il fatto che possa essere un po’…imbarazzante. Tutti sembrano camminare sulle uova, e non c’è sempre sincerità e chiarezza. Quindi, nell’attesa, ho solamente fatto quello che potevo: il mio lavoro. Ho battuto Pierre in qualifica e ho chiuso 12° domenica sera”. Quando però proprio destino è già stato scritto da altri, una buona prestazione non è sufficiente: “Un’ora dopo il GP mi è stato chiesto di presentarmi ad un meeting – ricorda con amarezza Hartley – Pochi minuti dopo, non ero più un pilota di F1. In quella riunione non c’è stato molto da dire: mi è subito apparso chiaro che sin da quel weekend di Monaco c’erano stati dei progetti per un futuro della Toro Rosso senza di me“.

© Mark Thompson / Red Bull Content Pool
© Mark Thompson / Red Bull Content Pool
 Mi mancherà la F1. Mentirei se dicessi il contrario. Ma sono eccitato per quello che potrà riservarmi il futuro. La porta della Formula 1 non si è chiusa definitivamente, e l’esperienza accumulata in un anno trascorso al top del Motorsport mi permetterà di arrivare più preparato per qualsiasi sfida. E con questo, per ora, chiudo questo capitolo“, ha concluso infine Brendon Hartley.




Tags : brendon hartleyf1formula 1scuderia toro rosso
Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow