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Olio per friggere nel serbatoio e patate fritte ai bivacchi: “Ch’ti Friterie”, friggitrice della Dakar





Buenos Aires, Argentina. 15 gennaio 2009, giornata conclusiva della 30^ edizione della Dakar, la prima ad essere ospitata in territorio sudamericano dopo anni di permanenza in Africa. Giniel De Villiers e Marc Coma, rispettivamente a bordo di una Volkswagen Race Touareg 2 e di una KTM 690 Rallye, vincono la corsa nelle proprie categorie, transitando in mezzo a due ali di folla che accolgono festanti i protagonisti di un’altra estenuante annata del Rally Raid più famoso del mondo.

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De Villiers e Coma festeggiano dunque, ma non sono i soli. Ad esultare in maniera esuberante, smodata, folle non appena una Toyota HJZ79 con il #400 stampato sulla carena taglia il traguardo in 58^ posizione assoluta è infatti anche un altro equipaggio, di giallo vestito ed in possesso di uno spiccato accento francese: risponde al nome di “Ch’ti Friterie”, proviene orgogliosamente dal nord della Francia ed è appena stato in grado di concludere la 30^ edizione della Dakar dopo averla disputata con un pickup Toyota munito di una friggitrice da una tonnellata.

Sì, avete letto bene. E no, la Toyota #400 è tutt’altro che un’auto preparata per mettere a segno rapidissimi crono lungo gli sterrati sudamericani. Il visionario e folle progetto “Ch’ti Friterie”, infatti, nasce ufficialmente per volontà del francese Hervé Diers, CEO della Hedimag, una società che si occupa della costruzione di veicoli per negozi. Diers, folgorato sulla via di Damasco dal successo avuto qualche mese prima da una pellicola transalpina, decide di tentare un’impresa impossibile: con il dichiarato obiettivo di “promuovere le friggitorie della Francia del nord e di valorizzare il know-how industriale della regione” e coinvolgendo importanti ditte del settore – tra le quali spicca la Sofinor, specializzata nella costruzione di friggitrici in acciaio inossidabile -, il coraggioso imprenditore d’oltralpe si iscrive alla Dakar 2009.

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Il progetto è clamorosamente ambizioso e, sfruttando la clamorosa visibilità che una simile impresa prometteva di avere in patria, Hervé Diers riesce a finanziare la propria partecipazione al Rally Raid solamente grazie a sponsor esterni alla sua attività. “Siamo partiti con un budget complessivo di circa 200.000 – spiega il CEO della Hedimag – “E tutto è stato interamente finanziato dai nostri sponsor“. Già, perché l’entusiasmo per quest’avventura è talmente grande da far sì che si generi una vera e propria lotta tra aziende per accaparrarsi questo o quel posto sul paraurti, il tendone o il passaruota di un’auto che, a prescindere dall’esito della corsa, pare da subito destinata a far parlare parecchio di sé. I soldi aumentano in maniera costante, e non appena gli introiti raggiungono una certa somma Diers si attiva subito per realizzare un altro degli obiettivi inizialmente prefissati. “Vogliamo raccogliere fondi da donare per ‘Les Clown de l’Espoir'” – dice il francese ai media che man mano si interessavano sempre più al suo progetto – “E’ un’associazione che si occupa di rallegrare i bambini ricoverati negli ospedali: a loro devolveremo i nostri guadagni“.

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Animato quindi da intenti solidaristici e da un grande entusiasmo collettivo, il progetto viaggia a gonfie vele verso la più compiuta realizzazione. La scelta del mezzo ricade su una variante del robusto, resistente ed affidabile Toyota Land Cruiser: è l’HJZ79 il modello scelto da Hervé Diers per affrontare gli sterrati sudamericani, ed il pilota messo sotto contratto dal francese per portare a termine l’impresa è…lui stesso. Diers, che già ha alle spalle diverse partecipazioni a vari Rally Raid, decide infatti di mettersi in prima persona in gioco, e dopo aver chiamato nelle fondamentali vesti di navigatore il belga Francois Beguin affida la Toyota HJZ79 alle cure delle officine del team Lardeau Competition. Lì, per ovviare ai problemi causati dalla presenza della poco più sopra citata friggitrice da una tonnellata, il pick up della Casa nipponica viene modificato in più punti: nuove sono infatti le sospensioni, munite di molle ed ammortizzatori rinforzati ed adatti ad un utilizzo più estremo, ridotto all’osso è il peso e modificato è ovviamente anche il motore. Che non solo viene reso capace di erogare 200 CV, ma che viene addirittura preparato per poter funzionare – emettendo meno CO2 – mescolando al carburante…olio di frittura, seppur in percentuali non superiori al 10%.

Al suo arrivo in Sud America l’Hilux #400 desta immediatamente moltissimo stupore tra partecipanti, addetti ai lavori ed appassionati: in tanti hanno infatti sentito parlare della folle idea transalpina, e ritrovarsela effettivamente davanti agli occhi lì, pronta per prendere parte ad una delle corse più dure che il motorsport conosca, genera non poca sorpresa. A gettare benzina sul fuoco della curiosità provvede lo stesso Hervé Diers, che prima ancora che la Dakar cominci provvede subito a mettere in chiaro le cose: “Non siamo venuti qui solamente per presenziare ad un paio di Prove Speciali” – dichiara il visionario ideatore del progetto – “Il nostro obiettivo è quello di finire la gara”. Tra il dire ed il fare, tuttavia, c’è spesso di mezzo il mare. Mare che, nel caso specifico, è rappresentato dalle migliaia di km che la carovana della Dakar dovrà percorrere lungo il percorso ad anello che da Buenos Aires riconduce tutti i protagonisti tra le strade della capitale argentina.

Le rocce forano pneumatici, l’altitudine e le salite spremono fino all’inverosimile l’equipaggio ed un motore che ha il suo bel daffare per portare a spasso la friggitrice, i fondi maggiormente sabbiosi affossano più e più volte il posteriore di un Hilux dalla ripartizione dei pesi totalmente stravolta, ma Diers e Beguin di arrendersi non hanno la benché minima intenzione. Ad ogni difficoltà reagiscono, dopo qualsiasi arresto ripartono e, non contenti di proseguire a spron battuto sui terreni in cui molti giganti cadono, i due si tolgono anche la soddisfazione di stampare crono che li mantengono saldamente ancorati alla Top 60 assoluta della corsa. Il tifo e l’interesse mediatico crescono a dismisura man mano che “Ch’ti Friterie” macina km e, dopo 15 estenuanti giornate, la Toyota #400 taglia trionfante l’agognato traguardo di Buenos Aires: Hervé Diers ed il suo folle, visionario progetto ce l’hanno fatta.

© Ch'ti Friterie
© Ch’ti Friterie

E ce l’hanno fatto non solo concludendo la corsa, ma anche andando a centrare una 58^ posizione finale che ha del clamoroso. E che, oltretutto, ha sicuramente donato alla Dakar 2009 un sapore davvero particolare: quello dei 7 kg di patatine fritte che, per tutti i protagonisti, l’equipaggio di “Ch’ti Friterie” provvedeva a preparare con la friggitrice del proprio Hilux al termine di ogni tappa della corsa.





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow