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Il traffico milanese del lunedì mattina mi fagocita in fretta, facendomi diventare una macchia rossa indistinta in un mare di automobili. La mia destinazione è Bergamo, una porta verso i passi alpini. Per arrivarci, secondo il navigatore, c’è un solo modo: lambire le famigerate ZTL del capoluogo lombardo prima di prendere l’autostrada. E’ quindi tra le buche, i tombini, le rotaie, i semafori e gli stop di una delle più grandi città italiane che avviene il mio primo vero contatto con la Porsche 718 Cayman S. 

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Che, con mia discreta sorpresa, se la cava egregiamente nella giungla urbana. Viste le premesse – potenza del motore, cerchi enormi, spalla degli pneumatici esigua ed assetto rigido – mi sarei aspettato un’auto stressante da guidare in città, con contraccolpi netti una volta incontrate le asperità che costellano le strade italiane e con un’erogazione del motore sensibilmente più brusca rispetto a quella di una macchina da tutti i giorni. Nulla di tutto questo: la 718 Cayman S si districa benissimo nel traffico cittadino, mettendo in mostra un’agilità ed una duttilità che mi hanno sorpreso non poco. Immerso nella fiumana di auto, abbasso lo sguardo verso il volante: come la Panamera, anche la Cayman S ha il caratteristico manettino rotondo – optional inserito nel pacchetto Sport Chrono da 2.135 € –  che permette di selezionare una delle quattro modalità di guida (Normal, Sport, Sport + ed Individual) disponibili e di ottenere per 20″ il massimo delle prestazioni, in qualsiasi modalità di marcia io mi trovi, premendo il pulsante centrale dello Sport Response. Il cursore mi indica che sono in Normal, ovvero con la Porsche che ha tutti i parametri settati per garantire il massimo comfort ed i minimi consumi. E’ la modalità che la Casa di Stoccarda ha pensato per tutti coloro che volessero vivere la Cayman S come auto da tutti i giorni, e si nota parecchio. L’assetto è morbido, se paragonato all’indole della vettura; lo sterzo è leggerissimo, così come molto fluida e progressiva è la risposta del motore; lo Start & Stop è fin troppo fulmineo nell’entrare in funzione, tanto da spingermi a disattivarlo dopo poche fermate; il PDK in Drive è sornione: tiene il motore sempre al più basso regime di rotazione possibile, ma non appena ho bisogno di un minimo di potenza in più è rapido nell’effettuare il kickdown. Tutto, insomma, è pensato per far sentire chiunque a proprio agio su quest’auto, che rispetto ad una comunissima segmento C paga qualcosa in termini di visibilità – il muso è parecchio spiovente ed i montanti posteriori parecchio ingombranti – e di comfort, visto che l’unione assetto morbido – sedili riesce nell’intento di dissipare egregiamente le asperità della strada ma non in quello di camuffare totalmente la natura sportiva della Cayman S. E per fortuna dico io, visto che altrimenti si rischierebbe quasi di dimenticarsi di essere al volante di un’auto con certe caratteristiche. 

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Caratteristiche che la Porsche cerca di tenermi ben nascoste anche quando mi lascio alle spalle il centro urbano e mi immetto in autostrada. Setto il Cruise Control a 130 km/h ed il PDK si affretta a selezionare la settima marcia, lasciando che l’auto viaggi ad un regime di 2.100 rpm. Roba da diesel, anche dal punto di vista della rumorosità interna. I km di autostrada che separano Milano da Bergamo scorrono veloci in un’auto che anche in autostrada si dimostra impeccabile in un utilizzo quotidiano, ed ho il tempo sia di apprezzare la bontà e la potenza dell’impianto stereo BOSE e sia di notare la quasi totale impossibilità di gestire la musica tramite i comandi al volante – cosa che costringe, ogni qual volta si voglia cambiare canzone, ad uscire dalla schermata di navigazione del PCM – e la vicinanza forse eccessiva delle leve che gestiscono frecce e Cruise Control, parecchio facili da confondere in un utilizzo frequente. Poi, a pochi km da Bergamo, incappo in un rallentamento dovuto a dei lavori in corso. Mi metto diligentemente in colonna, aspettando che il traffico defluisca. Ma lo stop dura un momento di troppo, e lo sguardo cade di nuovo sul manettino. Posso resistere, mi dico. Devo resistere, mi dico. E, ovviamente, ho ceduto. Sposto il selettore sulla modalità Sport, e la Cayman S sembra risvegliarsi da un torpore improvviso che l’aveva assalita. Lo scarico sportivo – optional da 2.000,80 € – entra in funzione, rendendo più rabbioso il ringhio del 4 cilindri boxer; il PASM irrigidisce sensibilmente l’assetto; lo sterzo diventa più duro; la risposta del motore all’acceleratore diventa più pronta. E’ una sensazione inebriante, che coinvolge emotivamente anche il pilota. Davanti a me vedo il traffico che ricomincia a scorrere in maniera fluida, ed allora mi dico che forse è arrivato il momento di far gettare la maschera alla Cayman S. Sposto la leva del PDK in modalità sequenziale, scalo due marce con i paddle, affondo con più decisione il pedale del gas e il mondo all’improvviso scorre di fianco a me al doppio della velocità. La Cayman S schizza letteralmente in avanti, con il motore turbo che fa sentire con decisione la sua voce e le marce che vengono inserite con una velocità impressionante: tornare ai 130 km/h è questione di attimi. Ed è in quel momento che mi rendo conto che, con la Cayman S, c’è forse bisogno di fare una prova ulteriore rispetto a a quelle canoniche.

Ma non subito. Capisco infatti che c’è bisogno di nutrire un po’ più di deferenza verso quest’auto prima di metterne a nudo la vera identità. E’ stato un po’ un corteggiamento, quello tra me e la Cayman S: la piccola di Casa Porsche è da sempre una delle mie automobili preferite, e non ce l’ho fatta davvero a trattarla come un semplice insieme di lamiere e metalli. Volevo conoscerla bene, e vista la mia collocazione geografica in quei giorni ho pensato che non potesse esserci luogo migliore di un passo alpino, per capire cosa sia davvero la 718 Cayman S.

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E così, il giorno prescelto, sotto una pioggia che man mano che si sale verso le vette della nostra catena montuosa si fa sempre più fitta mischiandosi a ghiaccio e neve, mi dirigo con decisione verso il Passo Zambla, a 1264 metri sul livello del mare. Non è uno dei più alti, è vero, ma il clima è poco clemente: i tornanti dello Stelvio sono sommersi da metri di neve, e le curve del Tonale sono velate da parecchi centimetri di manto bianco. Mi dico quindi che è meglio non rischiare, nonostante le fide Pirelli Sottozero – in misura 235/35 all’anteriore e 265/35 al posteriore – avessero dimostrato nei giorni precedenti di cavarsela molto bene anche in situazioni di aderenza precaria. Che, tra l’altro, è esattamente la condizione che ho trovato una volta giunto alle pendici dello Zambla, un passo di poco più di 20 km fatto, come vuole la tradizione, di curve veloci e tornanti lenti inframmezzati da brevi rettilinei. La Cayman S, nei giorni precedenti, mi aveva trasmesso molta fiducia: non ho quindi dubbi nel ruotare di nuovo il manettino e di tornare nella modalità “Sport” che ho imparato sempre più ad apprezzare. Ed è da quel momento che il corteggiamento, tra me e quella 718 clamorosamente rossa, si è trasformato in una love story. Perché sarà anche vero che gli aspirati hanno un’altra anima, ma rimanere impassibili davanti a quello che può fare questo 4 cilindri turbo boxer è follia pura: sull’altare del downsizing sono stati sacrificati cilindri, centimetri cubici e sound, ma per farsi perdonare a Stoccarda hanno ritoccato al rialzo tutti i valori. La Cayman S eroga infatti 350 CV di potenza massima a 6.500 rpm, ed è in grado di sviluppare 420 NM di coppia massima da 1.900 rpm fino a 4.500 rpm. Numeri che, abbinati ad un’auto che a vuoto pesa 1.385 kg, si traducono in emozioni difficilmente descrivibili a parole. Grazie ad una turbina a geometria variabile (una soluzione che finora Porsche aveva utilizzato solamente sulla 911 Turbo) ed al Dynamic Boost – un sistema che nelle modalità Sport e Sport + lascia aperta la valvola a farfalla, interrompendo solamente l’iniezione di benzina, per non far ridurre troppo la compressione – il motore è rapidissimo nelle risposte, e mi ritrovo ad essere letteralmente sparato fuori da qualsiasi curva. Anche perché il PDK è esattamente come lo ricordavo sulla Panamera, ovvero talmente veloce sia in scalata che in salita da non farmi rimpiangere la scelta di Porsche di aver equipaggiato con l’automatico questo esemplare.

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Una controindicazione che ho riscontrato, utilizzando la Cayman S sul Passo Zambla, è l’aumento esponenziale delle rughe sul volto dovute ai sorrisi che è in grado di strappare. Perché sul dritto sono in tanti a saper andare veloce, ma è tra le curve che non tutti sono impeccabili. La piccola 718 impiega però forse 5 km a farmi capire che lei, tra le curve, probabilmente ci è nata. In modalità Sport, nei curvoni veloci in appoggio è piantata a terra, nei cambi di direzione rapidi il trasferimento di carico è praticamente nullo, nelle frenate brusche non si scompone mai nonostante la potenza delle pinze a quattro pistoncini ereditate dalla Carrera – abbinate a dischi da 330 mm di diametro e 34 di spessore all’anteriore e da 299 mm e 20 mm al posteriore – e in accelerazione (udite udite), con il non invadente controllo di trazione attivato, nonostante potenza e trazione non c’è alcun pericolo di incappare in sovrasterzi improvvisi neppure quando si affonda con decisione il pedale dell’acceleratore. La Cayman S, con le sue sospensioni McPherson e le molle di arresto trazione sull’asse anteriore, è un’auto che non si limita a percorrere la traiettoria, ma la disegna lei stessa: voi entrate in curva avendo in mente una linea, e la 718 non solo fa esattamente quello che le avete chiesto ma addirittura sembra quasi migliorare la vostra idea iniziale, permettendovi magari un ingresso più rapido, una percorrenza più veloce o un’uscita più decisa. Il tutto con una facilità di guida disarmante, che rende la Cayman S fruibile praticamente da chiunque. Lo Zambla scorre via sotto le ruote più e più volte, nell’arco della giornata. Ed è alle luci di un tramonto che fa capolino tra la coltre di nuvole grigie che mi rendo conto che è arrivato il momento di fare un’ultima prova con la Cayman S.

Piove. Ancora.”, mi dico mentre varco i cancelli del Circuito Tazio Nuvolari di Cervesina, in provincia di Pavia. “Chissenefrega”, replica da qualche parte il mio subconscio. Ed è realmente quello che penso, d’altronde. Sullo Zambla la Cayman S mi ha dato un’iniezione di fiducia dietro l’altra, facendomi capire quanto possa essere spostata verso l’alto il limite di questa vettura. Le strade non bastano più, serve qualcos’altro. E grazie ad Ivan Brigada, il titolare della Speed Corporation, ed alla disponibilità dei gestori del circuito, si spalancano davanti a me le porte sui 2.804 metri della pista lombarda. Della Cayman S, a questo punto, ho conosciuto quasi tutto. Mancano solamente due ulteriori gesti da compiere rispetto a quanto fatto finora: selezionare la modalità Sport del PSM (il Porsche Stability Management, il sistema di controllo di trazione di Porsche che in questa modalità lascia più “libero” il posteriore dell’auto), e ruotare ancora un po’ il manettino sul volante, fino a quando il selettore non si ferma sulla modalità Sport +, la più prestazionale.

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E’ con sotto al sedile una macchina che sembra scalpitare che ascolto i consigli di Ivan su alcuni punti “critici” del tracciato. Poi, finalmente, la sbarra di fronte all’uscita della Pit Lane si solleva. E la Cayman S si sfoga. L’accelerazione è impressionante: lo 0-100 km/h da fermo viene coperto secondo Porsche in 4″4, e mi ritrovo praticamente all’ingresso di Curva 1, un curvone ad ampio raggio a destra, in un attimo. Mi bastano 200 metri per capire che, in Sport +, la 718 Cayman S si sia nuovamente trasformata: quell’auto che ero convinto di conoscere ormai bene svela un altro aspetto di sé, questa volta interamente votato alla prestazione. Il PDK – un doppia frizione che, lasciatevelo dire, rasenta la perfezione – si trasforma in un prolungamento del pensiero: mentre mi lancio tra i cordoli del Nuvolari mi sembra quasi di avere la sensazione che la marcia sia dentro ancor prima che prema i paddle, tanto è repentina la risposta della trasmissione. Il PASM, dal canto suo, irrigidisce al massimo l’assetto, trasformando la Cayman S in un’auto che è la lontanissima parente di quella che, in Normal, mi aveva accompagnato nel traffico milanese. La piccola Porsche è come se si piantasse a terra, ed è una lama tra le curve: nessun accenno di rollio quando la lancio nel veloce cambio di direzione del circuito lombardo, un lievissimo accenno di beccheggio solamente quando dopo il lungo rettilineo si frena da circa 200 km/h (Porsche dichiara 286 km/h come velocità massima) fino ad arrivare ai 60-70. Mi ritrovo tra le mani uno sterzo chirurgico, che trasmette tutto quello che la macchina ha da “dire”: si percepisce la leggera tendenza a smusare un po’ dell’avantreno quando si entra troppo veloci in curva, si avverte la fluidità nella percorrenza dei curvoni in appoggio, si intuisce tutto. Si ha quasi la sensazione di prevedere addirittura il momento in cui l’auto sta iniziando ad andare in sovrasterzo, per quanto poco spesso questo accada con la Cayman S, che si lascia andare a qualche traverso solamente quando si accelera con decisione da curve con bassa velocità di percorrenza. La 718 predilige infatti una guida fluida fatta di linee pulite, piuttosto che delle linee spezzate e dei traversoni in uscita: ha un comportamento molto sincero, tende sempre a seguire la linea che imposto in ingresso di curva e non ha mai reazioni brusche ed improvvise, complice anche un motore posizionato centralmente che permette di avere un ottimo bilanciamento dei pesi ed una quantità di trazione semplicemente inaspettata per un’auto con la trazione posteriore e 350 CV scalpitanti. Il poderoso impianto frenante continua a fare il suo dovere, e il ringhio furente del 4 cilindri boxer, dal timbro particolarmente rabbioso e coinvolgente oltre i 5.000 rpm, accompagna i miei giri sul nastro d’asfalto del Tazio Nuvolari fino a quando il tempo a mia disposizione tra quei cordoli non giunge ad una fine.

Una volta sceso dall’auto nella Pit Lane, faccio fatica a contenere l’enorme sorriso che la 718 Cayman S mi ha lasciato. Avevo iniziato la mia prova girandole intorno, per capirla il più possibile ancor prima di accendere il motore. E la chiudo allo stesso modo, girandole intorno, dopo averla vissuta per una settimana intensissima, con più di 1200 km percorsi e diversi – ma non troppi, visto il dignitosissimo consumo medio di quasi 12 km/l – benzinai visitati. Mi ha colpito profondamente, lo dico senza remore, e la comprerei all’istante – magari con qualche optional in meno, visto che 30.597 € di accessori sono una cifra irreale. Perché è vero, qualche purista probabilmente storcerà il naso quando sentirà parlare di quest’auto come di un’automobile che praticamente chiunque può far andare forte, anche in pista. Ma l’obiettivo di Porsche con questa nuova generazione della Cayman, a mio modo di vedere, non era quello di creare una vettura difficile da gestire, scorbutica, da tenere in garage ed utilizzare solamente una volta ogni tanto. A Stoccarda, secondo me, volevano creare un qualcosa di cui si potesse godere praticamente sempre, un qualcosa che riuscisse a far sorridere, a far provare piacere di guida, anche quando si andava a fare la spesa. Ed il loro obiettivo, fidatevi, è stato raggiunto. Alla perfezione. 

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Fotografi: ASPhotography e Nicolas Magoni Photo.





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow