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Ferrari settanta, atto terzo: Gilles Villeneuve, parte I





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Ci sono storie e storie, miti e miti, leggende e leggende, ma quando si parla di Ferrari e di F1 il primo pensiero per la stragrande maggioranza degli appassionati rimane uno solo, Gilles Villeneuve. Molti – specialmente gli appartenenti alle nuove generazioni – si chiederanno perché: perché un pilota con all’attivo solamente 6 vittorie con la Rossa sia così speciale? Il mio viaggio alla scoperta del mito di Gilles inizia sin da bambino. Non ricordo nemmeno l’età di quando iniziai a domandare a mio padre chi fosse il pilota più forte di tutti i tempi, ed ogni volta le sue parole si trasformavano in racconti che cullavano la mia immaginazione tra GP e non solo. Se ne nominavano tanti, partendo da Clark, passando per Jackie Stewart arrivando fino a Lauda, e di ognuno mi venivano elencate le caratteristiche e le qualità. Poi però si arrivava a Villeneuve, ed il sapere da almanacco sportivo di mio padre veniva invaso non più da dati analitici ma da emozioni, come se i ricordi prendessero vita attraverso una nuova luce. Da qui è nata la mia passione per le auto, per la F1, per i motori, e di sicuro Gilles è stato uno dei miei primi ricordi, pur non avendolo vissuto. Diciamo che ho appreso il suo personaggio per osmosi, cullando il suo ritratto con l’immaginazione che solo un bambino ha.

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Innanzitutto, per capire meglio Gilles e quello che ci ha lasciato, bisogna contestualizzare. La F1 in quel periodo era un qualcosa molto più simile ad un cimitero che ad uno sport: ogni pilota che il giovedì si accingeva ad addentrarsi nel weekend di gara sapeva perfettamente che le probabilità di finire al camposanto erano più di quelle di rimanere in vita. In più, quella probabilmente è stata l’epoca d’oro per la F1, e di certo Villeneuve con le sue imprese – spesso fini a se stesse e spesso altamente pericolose – infiammava il pubblico come pochi seppero fare in tutta la storia della Ferrari e, perché no, anche in tutta la storia della F1. La sua storia in rosso nasce nel 1977, anno del famoso divorzio tra la Rossa e Lauda, che oramai già campione del mondo si rifiutò di correre le ultime due gare. Il Drake, un po’ per scommessa un po’ per dimostrare che prima veniva la Ferrari e poi il pilota, decise di chiamare un giovane, sconosciuto ai più, che proveniva dal Canada: un pilota veloce, temerario e senza paura, così gli dissero alcuni addetti ai lavori che glielo consigliarono. Il Drake non era nuovo a effettuare scommesse, essendo spesso uno dei pochi a tramutare in realtà quelle intuizioni che in pochissimi hanno, e fu così che ingaggiò, per le ultime due gare di quella stagione, il semi-sconosciuto Villeneuve. A questo punto, probabilmente, vi immaginerete un esordio fulminante: una Vittoria, un Giro Veloce, magari una Pole. E invece no. I due GP che Villeneuve disputò furono incolori, ed anzi in quello del Giappone il canadese fu protagonista di un brutto incidente: la sua Ferrari infatti prese il volo dopo aver centrato la Tyrrell di Ronnie Peterson, per poi piombare in una zona interdetta al pubblico mietendo due vittime tra gli spettatori che, irregolarmente, si erano appostati per assistere al GP. Con queste premesse dunque, e tutti i pareri degli addetti ai lavori contro, il rinnovo pareva una Chimera: ed invece, a sorpresa, Ferrari decise di confermare Gilles Villeneuve accanto a Reutemann per la stagione successiva.

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1978, la stagione si apre in Argentina. Qui Gilles porta a termine la gara – la prima volta in carriera – e dimostra di essere veloce, tanto da ottenere il giro veloce della gara pur tagliando il traguardo ottavo. Le successive apparizioni sono invece caratterizzate da ritiri, il più clamoroso in America, a Long Beach: lì infatti il canadese, dopo aver conquistato la prima fila dello schieramento ed essere andato in testa alla gara, decise di superare il doppiato Clay Regazzoni in un punto rischioso, urtandolo e vanificando così la sua gara. La stampa e lo stesso Regazzoni lo criticarono parecchio, e da quel momento iniziarono ad essergli affibbiati vari soprannomi, il più famoso dei quali è “l’Aviatore”, coniato per via dei suoi continui incidenti spettacolari. Questi soprannomi trovarono poi conferma a Montecarlo, GP durante il quale Gilles si stampò contro le barriere all’uscita del Tunnel aizzando ancor di più la critica a suo sfavore. Fu quella una stagione difficile: la Ferrari venne quasi sempre sopraffatta dalla Lotus e dal suo effetto suolo, ed i risultati di Gilles scarseggiavano a tal punto da far circolare voci di un possibile avvicendamento con Jody Scheckter a fine stagione. Dopo numerosi alti e bassi, la svolta inaspettata si ebbe a Monza, nel GP dove perse la vita Ronnie Peterson: lì infatti il canadese conquistò il secondo posto sia in qualifica che sul podio, e nonostante una penalità comminata a fine gara che vanificò gli sforzi di un intero weekend le doti e le qualità del canadese man mano iniziarono a venir fuori. Doti e qualità che Enzo Ferrari aveva notato già da tempo, e che lo spinsero, nonostante il vociare contrario di tutto il Circus, a riconfermare Gilles anche per il 1979. Forse fu merito della conferma, forse per via di una maturità finalmente acquisita, fatto sta che in occasione del GP di casa, in Canada, Villeneuve sembra trasformato: un pilota nuovo, sempre velocissimo ma con una testa differente. Fu lì, tra le curve di casa sua, che andò in scena il primo squillo in rosso, arrivato al termine di una gara perfetta, magistrale. Il brutto anatroccolo si era finalmente trasformato in cigno, e quello che solamente il Drake sembrava avere intravisto divenne lampante: Gilles, oltre ad essere velocissimo, era anche in grado di vincere.

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1979. Nuovo anno, nuovo compagno, nuova vettura, stessa scuderia. La 312 T4 – a detta di molti una delle Ferrari più brutte mai partorite – venne affidata all’ormai noto Gilles ed al suo nuovo compagno di squadra, un certo Jody Scheckter. I due, molto simili, instaurano un rapporto ottimo, sincero come pochi se ne sono visti nel Circus. Rispetto, stima e competizione vanno di pari passo, ed il fatto che il sudafricano fosse un pilota molto più esperto e maturo di Gilles sarà di fondamentale importanza per la sua crescita e la sua definitiva maturità. La stagione iniziò in sordina, con i piloti costretti a gareggiare con la vecchia monoposto modificata fino al GP del Sudafrica. In Argentina e Brasile, al netto della squalifica delle Brabham, fu infatti dominio Ligier. Nel GP di casa per Scheckter, però, il mondo si rese conto che la 312 T4 era tanto brutta quanto veloce. Le Ferrari artigliarono il 2° ed il 3° posto in qualifica, e neppure la sospensione della gara dopo pochi giri per via della pioggia frenò la grande prestazione delle Rosse, entrambe efficacissime nonostante scelte strategiche differenti. Villeneuve infatti fu costretto a cedere la prima posizione, per via del consumo delle gomme Rain montate dopo l’interruzione su un asfalto che andava asciugandosi, proprio a…Scheckter, che invece, da buon sudafricano, aveva deciso di rimanere con le Slick confidando nella sua conoscenza del clima di casa. Fu però il normale degrado delle gomme a beffare il sudafricano, che a soli due giri dal termine rientrò ai box per un cambio gomme consentendo così a Villeneuve di riprendersi meritatamente la testa della corsa per la prima vittoria del Cavallino Rampante in quella stagione. Una casualità? No, decisamente no, visto che Villenueve trionfò di nuovo, con l’altra Rossa di Scheckter alle spalle, anche a Long Beach. La 312 T4 è competitiva, sembra essere l’anno buono, ma Gilles continua ad essere troppo irruento, poco calcolatore, sembra correre solamente per il giro veloce o per realizzare qualche impresa, con le auto che quando arrivano al traguardo sono esauste, tanto da far dire che “Gilles vince le gare, Jody i campionati”. A Monaco ad esempio, mentre lottava con il compagno di squadra, il canadese fu costretto al ritiro durante il giro 54 per via della rottura del semiasse, rientrando ai Box con una vettura torchiata oltre ogni limite sopportabile, come se Gilles andasse più veloce della vettura stessa. Ma per tutta questa miopia in ottica mondiale, per via di una sorta di legge di contrappasso, ad ogni impresa tentata da Gilles cresce l’amore dei tifosi per quello spettacolo unico che riesce a regalare. 

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Il culmine, l’impresa più eclatante, la abbiamo in Francia durante il GP di Digione, in quello che passerà alla storia come il duello più bello della storia della F1. Le Renault con il motore turbo, vista la conformazione del circuito, sembrano favorite, ma al via Villeneuve sorprese tutti balzando al comando tallonato da Jabouille, che impiegò 40 giri per riuscire a sopravanzarlo. Con Gilles in seconda posizione, Arnoux iniziò a farsi sempre più minaccioso alla ricerca della doppietta. Le Renault sembrano nettamente più veloci, ma tale potenza risulta molto difficile da gestire in percorrenza di curva. E, soprattutto, Villeneuve non è minimamente intenzionato a cedere la posizione. Fu così che andò in scena un duello ruota a ruota, fatto di sorpassi, contro-sorpassi, curve percorse appaiati e staccate al limite come mai si era visto nei circuiti. Arnoux superò il canadese in Curva 1 all’inizio dell’ultimo giro, ma Gilles non si diede per vinto e proseguendo con una guida al limite del possibile – ed in barba a qualsiasi norma sulla sicurezza – si riprese ciò che meritava. Secondo posto conquistato ed un duello da consegnare alla Leggenda di questo sport. Gilles verrà poi redarguito – specialmente dal suo compagno di squadra – per via dei rischi presi con quella difesa ad oltranza, ma il piccolo canadese godeva dell’apprezzamento di qualcun’altro. Il Grande Vecchio infatti, dall’alto della sua eminenza, lo difendeva a spada tratta, esaltando la sua scelta al suono del mantra “Viene prima la Ferrari che il pilota” e celebrando le gesta di quel giovanotto che creava un interesse unico dinanzi al marchio del Cavallino. Si stava diffondendo una nuova malattia, una nuova febbre nel mondo della F1: “J’ai la fievre Villeneuve”. Una febbre che partì dal Quèbec e non si arrestò più.

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Si arrivò così in Olanda, nel duello decisivo per il mondiale, con Gilles indietro di sette lunghezze su Jody: il nuovo Campione del Mondo sarebbe stato deciso lì. L’Aviatore era veloce, e nel corso dell’11° giro passò in testa con un sorpasso all’esterno di rara bellezza, una di quelle manovre che il suo talento rendeva per lui quasi normali. Una volte presa la testa della corsa, un pilota qualsiasi avrebbe forse pensato ad amministrare. Ma un pilota qualsiasi non è Gilles Villeneuve, che infatti, continuando ad inanellare giri al limite, nel corso del 47° passaggio fora e va in testacoda. Gara finita? Per un pilota qualsiasi probabilmente sì, ma non per Gilles. Che infatti riparte tentando un miracolo e facendo quasi un intero giro su 3 ruote – con l’anteriore destra che spesso nemmeno toccava terra – perdendo pezzi su pezzi, continuando ad accelerare fino ad arrivare ai Box, dove a gran voce iniziò a chiedere che gli venisse riparata l’auto. Voleva ripartire ad ogni costo, in ballo c’era il Titolo Mondiale. Ma i danni erano troppi, e quel suo folle giro non servì a nulla se non a consegnare il Campionato al suo amico e compagno di squadra. Gilles era così: generoso, folle, impulsivo con un cuore grande, che non si dava mai per vinto perché, d’altronde, non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta. E quel giro su 3 ruote che a primo impatto sembrò inutile, in realtà servì ad infiammare come non mai i cuori dei tifosi, che iniziarono ad amarlo sopra ogni cosa: a Monza, dopo essere arrivato 2° alle spalle di Scheckter in ossequio al più classico dei giochi di squadra della F1, l’Aviatore venne acclamato addirittura di più del futuro campione del mondo. La stagione si concluse poi con un secondo posto in Canada e con una vittoria nel circuito di Watkins Glen, con la Classifica che raccontava di un Gilles arrivato a fine stagione con soli 4 punti di ritardo dal compagno di squadra.

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Oramai Villeneuve è un pilota completo, e più di qualcuno inizia a temerlo…





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Marco Perziani

The author Marco Perziani

Dal 1991 ossessionato dai motori. Vi parlo di nuove uscite, e narro storie. Tutto esclusivamente a base di cilindri, passione, odor di carburante possibilmente sulle note di un V10 aspirato.