Alla vigilia delle prime libere del GP del Canada, il paddock di Formula 1 si riaccende puntuale con il media day del giovedì, tra dichiarazioni, tensioni e retroscena. A far rumore da Montreal sono soprattutto le voci provenienti dal box Ferrari, dove i riflettori tornano su Frederic Vasseur, già dato da alcuni come in bilico. Non mancano scintille anche sul fronte Red Bull-Mercedes, con George Russell e Max Verstappen nuovamente interrogati sul contatto di Barcellona. L’olandese, inoltre, è incalzato sul tema più scomodo: il singolo punto che lo separa da un race ban.

È di appena qualche giorno fa, la notizia di un like scappato dal pollice di Lewis Hamilton, scappato perché non si tratta di un innocente post apprezzato dal 7 volte campione del mondo, ma bensì di un contenuto che non solo mette in cattiva luce la Ferrari, ma lo fa sottolineando con accuratezza gli aspetti in cui sta rendendo la vita difficile al pilota britannico. Nulla di nuovo, per carità, si citano le lacune tecniche della monoposto in termini di ritmo e costanza, poi i problemi di comunicazione e le naturali (e peraltro già previste) incongruenze abitudinarie e culturali che portano l’adattamento al contesto di Maranello ad essere non dei più semplici. Conclusione: l’uomo da leggenda non fa la storia da solo, cosa che invece sì fanno performance del singolo pilota e sinergia all’intero team. Le due cose, unite. Questa parentesi social controversa (o forse no, alla fine si tratta di questioni già trite e ritrite), si colloca all’interno di un contesto più grande ed altrettanto scottante, fatto di dichiarazioni riportate su due dei quotidiani più rinomati d’Italia. Da un lato, il Corriere della Sera descrive un Hamilton che non si sente ascoltato e, udite udite, un Leclerc che non esclude di cambiare aria. Un azzardo, se consideriamo che il monegasco ha sempre espresso la sua profonda devozione al cavallino, nonostante il sogno iridato non sia mai stato a un tiro di schioppo. Dall’altro, la Gazzetta dello Sport da voce al futuro ballerino della Rossa, che manca di una struttura solida e che, del suo presente, fa un’accozzaglia di dichiarazioni contraddittorie. E Frederic Vasseur? Il team principal è il minimo comune denominatore di queste notizie da prima pagina, entrambe le testate infatti alludono al grosso punto di domanda ormai calato su di lui alla luce delle sedimentate prestazioni non ottimali della SF-25.
Ma a Montreal cosa si dice? In conferenza stampa, incalzato dalla domanda di Mara Sangiorgio proprio su quanto riportato dai giornali italiani, Sir Lewis ha detto: “Non ho ancora letto niente a riguardo ma non è bello sicuramente. Innanzitutto, mi trovo molto bene con Fred, lui è il motivo principale per cui sono qui oggi, e per questo gliene sarò per sempre grato. Le cose non sono perfette, certo, ma dietro le quinte si lavora. Voglio che sia Fred a portarci al top, per me è una sciocchezza quello che si scrive. Non sanno cosa succede nel retroscena, non è tutto così semplice, ci sono tante cose da sistemare e c’è molta pressione perché vogliamo vincere. Ma Fred non è in discussione ora come ora”. E allora siamo punto e a capo, domandandoci fino a che punto crederci. Poi Leclerc, che tanto per non uscire dal copione riconferma il suo folle amore per il team italiano, e aggiunge su Vasseur: “Sono voci che non ci piace sentire. Ora dobbiamo concentrarci sulle cose in cui possiamo fare la differenza in pista, per silenziare le voci nel più breve tempo possibile. Su questo non ho nient’altro da commentare, io ci credo e Fred anche, ha sempre creduto in me come io credo in lui. Sta facendo di tutto per riportare la Ferrari in alto, speriamo di farlo assieme”. Dinanzi ai media, il pilota numero 16 dà anche a Cesare quel che é di Cesare quando, parlando del weekend spagnolo, ammette di essere stato fortunato ad andare a podio per via delle circostanze (la penalità di 10 secondi inflitta a Verstappen per il contatto con Russell). In vista di domenica aggiunge: “Speriamo di non aver bisogno della fortuna per andare a podio, credo che siamo in lotta per il quarto e terzo posto, non penso che le McLaren siano raggiungibili”. Su Barcellona Hamilton invece dichiara: “Da metà gara in poi abbiamo avuto problemi, a fine gara avevo ammesso di non avere mai provato una sensazione così negativa. Solo dopo le interviste, una volta tornati dai meccanici, abbiamo scoperto del problema. È stato un sollievo saperlo in un certo senso”.
Perché alla fine dei conti si tratta sempre di fare lavoro di squadra, è a questo a cui si rifà una volta ancora Lewis, dicendo che “parlare con gli ingegneri in merito ai cambi da fare” è la chiave di volta per trovare “la configurazione ottimale della macchina”. E chissà che il Canada non sia il luogo in cui fare maggiore tesoro di questo. Ci poniamo questo dubbio su un tracciato in cui il 7 volte iridato ha ottenuto — nel 2007 — la prima pole position e la prima vittoria. Ricordi dolci che ai microfoni rammenta da una angolazione particolare, facendo riferimento al quantitativo di benzina differenziato tra l’una e l’altra monoposto. “Quello é stato uno di quei casi in cui devi seguire l’istinto e lottare per quello che credi sia giusto. All’epoca una vettura era più leggera e l’altra più pesante, siccome Fernando era campione del mondo aveva sempre meno benzina, in qualifica io portavo sempre circa un decimo in più, fino al Canada, dove ho richiesto le stesse condizioni. Volevo essere alla pari e”, prosegue ridendo, “alla fine ho portato a casa la pole”.
D’altronde non si sono mai nascosti dietro un falso sorriso, Lewis e Fernando, un po’ come Max Verstappen e George Russell, che arrivati a Montreal si vedono nuovamente presi d’assalto dai giornalisti riguardo il contatto avvenuto a Barcellona. Passiamo quindi dalle acque agitate in Ferrari a quelle tra i piloti di punta di Mercedes e Red Bull, dove il primo si lascia andare a battute e il secondo, più che con il rivale, se la prende per l’ennesima volta con i media inglesi. Il numero 63, infatti, esordisce con un “stava solo cercando di sgomitare e dimostrare chi è il boss. Si è sbagliato però. Jos è il boss” (alludendo al soprannome di Jos Verstappen, padre dell’olandese, Jos the boss). E poi aggiunge: “Il ban non sarebbe ingiusto, se arrivasse a 12 punti. Alla fine, è questo il motivo per cui esistono. Se continui a guidare in modo spericolato accumuli punti e poi vieni punito. Non mi aspetto delle scuse, alla fine ne ho beneficiato [dal contatto, ndr], lui è stato penalizzato. Sono stato sorpreso di vedere che si fosse preso le sue responsabilità. Non ne abbiamo parlato, in realtà ci siamo visti in aeroporto qualche giorno fa ma mi ero completamente dimenticato che avessimo fatto un incidente pochi giorni prima”.

Gli fa eco Max: “Per me è tutto apposto, non è stato difficile scrivere quel messaggio lunedì. Valuti solo dopo la gara come sono andate le cose, anche dopo gare positive. Ero frustrato perché fino a quel momento era andato tutto bene. Alla fine è stato un errore di valutazione in curva, tutti facciamo errori nella vita, impari da essi e vai avanti. Ovviamente cercheremo di gestirla meglio in futuro”.

Ecco però che i toni si fanno più tesi nell’intervista con Ted Kravitz, Sky Sport UK, quando il giornalista cerca di estrapolare da Verstappen un nome al quale associare l’errore di chiamata avvenuto a Barcellona (non era necessario ridare la posizione a Russell). “Dopo Jonathan Weathley ora hai Stephen Knowles, immagino sia stato lui a dire a GP di comunicarti il cambio. Come hai gestito questa cosa com lui, considerato che è in questa posizione da poco?”. “Credo che non sia carino cercare di accusare una persona specifica, anche perché non è mai quello il caso. Lavoriamo assieme nel team e cerchiamo di capire come migliorare, anche a Barcellona abbiamo fatto così. Non è bello dare la colpa a una persona”, ribatte l’olandese. Quando il giornalista cerca di spiegarsi, dicendo che non era sua intenzione fare ciò, Verstappen reitera che in realtà è proprio quello a cui stava ambendo, e aggiunge: “Non starò qui a favore di telecamera a dire di chi è stata la colpa”, “si vive e si impara”.
Con queste stoccate finali, alle quali ci ha ormai abituato, l’olandese termina l’intervista ma non scappa dalle controversie che con così tanto ardore lo inseguono, perché deve anche spiegare le sensazioni che si provano sulla soglia di un possibile race ban, a un punto dalla squalifica. “Non è l’ideale perdere una gara ma non è nemmeno la fine del mondo”. E quando gli fanno notare che dopo l’Austria recupererà 2 punti, per un totale di 3 punti da salvaguardare fino in Messico, risponde: “Non guarderò il foglio Excel, in ogni caso non sono tanto bravo con Excel, quindi tanto vale non guardarlo”. E anche ieri, dunque, la spiccata ironia senza filtri del nativo di Hasselt ha salvato, almeno un po’, l’ennesimo media day che guarda allo spettacolo è sempre meno alla pista. Che poi, se si pensa alle insinuazioni che vogliono Verstappen e Russell compagni di box, allora questi continui incontri ravvicinati e spiriti a dir poco incompatibili fanno ancora più sorridere.
Ma chiudiamo questa carrellata di dichiarazioni dai mondi Ferrari e Red Bull-Mercedes con una menzione d’onore. Liam Lawson, infatti, ha riportato nel paddock il nome di Daniel Ricciardo. La scorsa settimana, il pilota neozelandese ha sentito l’honey badger, per uno scambio di consigli su come affrontare al meglio il weekend canadese, considerato che è stato tra quelli che, proprio in Canada, ha festeggiato la sua prima vittoria in carriera. Il consiglio di Daniel? Tra le altre cose, usare molto i cordoli! Appuntamento perciò a stasera, per le prime libere su suolo canadese, e chissà che questi cordoli non vengano già sfruttati al massimo.