Quella del 2025 è stata la quinta edizione del Gran Premio di Imola di Formula 1 dal suo ritorno in calendario nel 2020, e la trentaduesima nella storia complessiva del circuito. Oggi più che mai, di fronte a un contratto ancora non rinnovato, l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari ci ricorda come la passione autentica e l’orgoglio territoriale continuano a rappresentare la vera voce di questo sport. E se quello appena passato dovesse davvero essere l’ultimo giro, Imola resterà negli occhi di chi l’ha vissuta e nelle storie che continueremo a raccontare.

Inaugurato nel 1953, il circuito di Imola ospita la sua prima gara di Formula 1 nel 1979, seppur non valevole per il campionato. È nel 1980 quando il tracciato debutta ufficialmente nella corsa al titolo mondiale, ospitando temporaneamente il Gran Premio d’Italia. Ad oggi, la sua storia più duratura affonda le radici nel 1981, anno in cui inizia ad ospitare il rinomato Gran Premio di San Marino, tenutosi sino al 2006. Ma Imola si rialza, lo fa nel 2020 con un nome tutto nuovo: Gran Premio dell’Emilia-Romagna. E risulta simbolico oggi più che mai notare come la regione che più ha sofferto per le inondazioni di questi ultimi anni, vinta nel 2023 dalle piogge torrenziali, abbia riabbracciato il motorsport in un anno di enorme dolore globale per la pandemia da Covid. Imola si rialza e lo fa per appena cinque anni, eppure sono questi, per assurdo, che pesano più dei ventisette trascorsi precedentemente. Perché la Formula 1 non è più la stessa, e non solo sulla griglia di partenza, dove nomi e cognomi passano, lasciando un ricordo più o meno indelebile negli annali di questo sport. La Formula 1 non è più la stessa perché, se la passione continua a essere un motore trainante, il denaro è diventato d’altro canto il padrone al quale tutto si piega.
Zandvoort ne paga lo scotto più caro, abbandonando definitivamente il circus a partire dal 2027, Spa-Francorchamps accetta a malincuore una rotazione che la vede assente nel 2028 e nel 2030, mentre Madrid ha la meglio su Barcellona. Imola, invece, è ancora in balia di uno Stefano Domenicali che ribadisce ancora una volta come ormai, ospitare più gare nello stesso Paese può ostacolare il coinvolgimento globale della massima serie. E poco importa che negli Stati Uniti gli appuntamenti siano tre: Austin, Miami e Las Vegas. Poco importa che la città della Florida farà dell’Hard Rock Stadium la casa della Formula 1 fino al 2041. E pensarci non fa strano, di più, perché sono sedici anni, sedici stagioni di Formula 1, un mondo che cambia.
Insomma, il tracciato costeggiato dal Santerno è sull’orlo di essere silenziato ma il primo cittadino imolese è il primo che lotta affinché questo non accada, esaltando il grande risultato appena ottenuto: “è stata una prova organizzativa di altissimo livello, possibile grazie al lavoro corale di un’intera comunità: istituzioni, forze dell’ordine, volontari, associazioni, operatori economici e partner pubblici e privati. Abbiamo mostrato l’anima autentica di Imola e della Motor Valley, offrendo un’esperienza immersiva che ha saputo coniugare passione sportiva e promozione delle eccellenze italiane”. Così prosegue il sindaco Panieri: “alla luce di questo successo, abbiamo tutti – come sistema – una responsabilità: garantire continuità e futuro a questo Gran Premio. Il territorio ha dimostrato di esserci, gli investimenti ci sono e continueranno (anche sulle infrastrutture), le risorse per il 2026 sono pronte. Non possiamo disperdere un indotto di oltre 300 milioni di euro e una visibilità internazionale così rilevante per il Made in Italy. Imola è uno strumento per il sistema Paese, per far emergere l’Italia delle eccellenze. È il momento di continuare insieme, con determinazione e unità. Voglio rivolgere un appello a tutti gli appassionati e ai tifosi presenti e non: che alzino la loro voce e si facciano sentire per difendere questo Gran Premio, così straordinariamente amato ed emozionante per tutti”.
Perché alla fine si torna sempre lì, a quel senso di famiglia che l’Emilia-Romagna custodisce come un tesoro, rifugio sicuro in tempi difficili e dinanzi alle meraviglie del mondo dei motori. Si torna alle emozioni che questi ultimi regalano, ancora più forti sui circuiti storici, fiori all’occhiello grazie a uno splendido connubio tra un passato che non impallidisce e un presente dirompente. E allora, cara Imola, ancora non sappiamo se ci rivedremo oppure no. A noi piace pensare di sí, perché quello che si respira tra le curve del Dino e Enzo Ferrari è una cosa che va ben oltre le direttive di mercato, spietati sicari di una Formula 1 che vuole sempre di più, sempre tanto, e forse anche troppo. Così implacabili di fronte alla passione, quella che il Drake definiva “indescrivibile” e che forse ancora può salvarci. Se non questa, sarà per un’altra volta, perché si vede e si sente e fatica a morire. Tra la Rivazza e la Tosa, sull’erba che scompare e si tinge di rosso e mille altri colori. Nelle innumerevoli bandiere che portano in alto il cavallino rampante, sventolando in aria come a dire Forza Ferrari, sempre. In quel crocevia di lingue che si crea in Autodromo, destinazione di viaggi più o meno brevi, un Eldorado per gli appassionati di ogni età.

Che Imola è Ayrton Senna, la cui presenza nei pressi del Tamburello, a trentun anni dalla scomparsa, è forte come il primo giorno. Angelo custode di un luogo divenuto sacro, che nella scomparsa ritrova l’ineffabile senso della vita di chi ha fatto del rischio la propria vocazione. Imola è Roland Ratzenberger, che ha salutato il mondo alla Villeneuve, ma che, come il collega brasiliano, lì ha lasciato tutto l’amore per uno sport che, nel portarseli via, li ha resi eterni. Quest’anno in particolare, Imola è stata un porto sicuro per 242mila spettatori, mai così tanti. Per la prima in casa di Lewis Hamilton in rosso, ricordi per sempre come per Andrea Kimi Antonelli. Un triste epilogo, quello di domenica, per il beniamino bolognese che ha dovuto ritirare la sua W16 al giro 46. Un epilogo che non cancella però la bellezza della prima volta in territorio amico, resa ancora più speciale dalla gita nel paddock dei suoi compagni di classe. Imola è stata anche le scuse di Charles Leclerc dopo una qualifica negativa, anche se da sei anni a questa parte mette la Rossa davanti a tutto. Perentorio, con negli occhi quella delusione che si prova solo quando si prova tanto. È stata l’ennesimo Max Verstappen da record, con quattro vittorie consecutive, re indiscusso di quella che casa sua non è ma che ieri, sotto al podio, lo ha festeggiato per il grande campione che dimostra di essere (e l’unico che può infrangere i sogni di McLaren, la cui rincorsa al titolo è più viva che mai).

Cara Imola, da quel lontano 1980, sei stata questo e altro. In un’epoca in cui i circuiti storici devono contendersi la permanenza con tracciati ultramoderni, sei l’esempio che l’eternità è possibile oltre ogni contratto, perché radicata nella memoria di coloro per cui sei divenuta rifugio. Radicata nelle sveglie all’alba con il sorriso. Quelle sono, e saranno sempre, della Motor Valley.