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Tesla Model S 100D: non chiamatela soluzione, ma alternativa





Sono entrato in riserva ormai da diversi km. Manca poco alla destinazione, ma l’autonomia della mia auto diminuisce visibilmente man mano che l’asfalto passa sotto le ruote. In vista del viaggio del mattino dopo, mi dico, sarà meglio fare rifornimento ora. Mi dirigo quindi verso un distributore vicino casa: parcheggio nei pressi della colonnina che voglio utilizzare, apro il bocchettone del serbatoio, seleziono l’importo, infilo la pistola e attendo che il rifornimento finisca. Per circa 6 ore.

© ASPhotography
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E’ ovvio, non sono davvero rimasto per 6 ore vicino alla mia auto, ma è altrettanto ovvio che quando ci si trovi di fronte – e per la prima volta nella propria vita – ad una vettura totalmente elettrica, alcune delle radicate abitudini che noi automobilisti “a combustione interna” conosciamo bene siano destinate a cambiare. Solo alcune però, ve lo dico con estrema sincerità. Perché molte altre (quelle che ad esempio riguardano cosa si riesca a fare nel momento in cui si stringe il volante tra le mani e si pesta il piede sul pedale dell’acceleratore), invece, restano molto simili. O almeno, restano molto simili nel momento in cui si provi un’auto come la Tesla Model S 100D.

L’ammiraglia da quasi 5 m di lunghezza ed oltre 2 di larghezza del marchio di Elon Musk era una di quelle auto nei cui confronti partivo estremamente prevenuto. Non sono un fan accanito della mobilità elettrica, volendo utilizzare il più gentile degli eufemismi, e dunque in questo piccolo – ma neanche troppo – scampolo di futuro piombato nel presente della combustione interna non riponevo chissà quali aspettative. La linea, ok, la trovavo abbastanza convincente: la mancanza di qualsiasi tipo di griglia all’anteriore e l’assenza totale di terminali di scarico, infatti, non riusciva a non farmi notare che i designer di Tesla fossero riusciti nella non sempre facile impresa di non rendere pachidermica un’auto da oltre 2.100 kg di peso e dalle dimensioni decisamente generose.

© ASPhotography
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La silhouette dell’auto, tanto all’anteriore quanto al livello delle fiancate, è ben completata dai vistosi cerchi da 21″ ed è in grado di trasmettere grande fluidità, con la sola zona posteriore a mettere in mostra delle linee forse più goffe rispetto al resto dell’auto. Nel complesso, la Model S era una di quelle auto che avrei definito “carine” nei panni di osservatore esterno, ma nel corso della prova non ho potuto fare a meno di notare che siano in molti – e di tutte le età – a considerare quest’auto “bella”: è vero, parte del merito è probabilmente ancora da attribuire al fatto che la si consideri un mezzo esotico, ma gran parte dell’attenzione che la Tesla riesce a catalizzare su di sé sono convinto derivi proprio da quella sua linea tagliente ed affilata che, assieme alla caratteristica firma ottica dei LED, la rende inconfondibile.

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Mi viene quindi da pensare che l’attenzione di tutti coloro che hanno posato il loro sguardo sugli esterni della Model S avrebbe potuto essere ulteriormente sollecitata dagli interni dell’ammiraglia del marchio di Elon Musk, quelli in cui il poco più sopra citato scampolo di futuro fa avvertire in maniera più netta la propria presenza. La candida pelle bianca che campeggia nell’abitacolo – adatto per ospitare 5 persone e luminoso sfruttando il tetto apribile in vetro – sfuma infatti nella più totale insignificanza di fronte allo schermo touch-screen da 17″ che sovrasta il tunnel centrale: gigantesco, con un’ottima risoluzione, ed estremamente responsivo, quello della Model S si è palesato davanti ai miei occhi come uno dei sistemi di infotainment più completi che io abbia mai visto, e non perché vi si possano trovare anche dei giochini della Atari o il sistema che replica il suono del famoso cuscino per le puzzette. Tutto – davvero, tutto – di questa Tesla si gestisce tramite questo enorme schermo, all’interno del quale si celano così tanti menu da far addirittura rimpiangere la presenza di qualche sana, vecchia, ingombrante manopola fisica che sarebbe tornata molto utile per gestire più facilmente funzioni basilari come il controllo dell’impianto di condizionamento.

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L’assenza di comandi fisici, tuttavia, potrebbe anche rivelarsi il frutto di una scelta ponderata da parte degli uomini di Tesla. Gli accoppiamenti tra i vari materiali – non tutti di eccelsa qualità – non sono infatti al livello delle sue dirette concorrenti a combustione interna, ed i maligni potranno dunque pensare che sia proprio per evitare giochi di una certa rilevanza che in Tesla abbiano preferito optare per un grosso schermo multifunzione. Di fronte ad un simile sfoggio di tecnologia sono rimasto quasi deluso nel ritrovarmi tra le mani un volante fin troppo tradizionale, così come non eccessiva soddisfazione mi ha dato il cruscotto virtuale di questa Model S: dotato di un’ottima risoluzione e di dimensioni adeguate, pecca in materia di possibilità di personalizzazione tra le varie schermate e non è fedele specchio di tutte le funzioni che il suo gemello più grande al centro della plancia mette a disposizione di chi guida, che è così costretto a smanettare con il sistema di infotainment più spesso di quanto vorrebbe.

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Anche perché non è che si abbia a disposizione troppo tempo, quando si è alla guida dell’ammiraglia del marchio di Elon Musk. La Model S infatti, grazie al suo propulsore elettrico – le cui batterie equivalgono a circa il 40% del peso complessivo dell’auto – lascia letteralmente a bocca aperta per la rapidità e semplicità con cui riesce a raggiungere velocità abbacinanti. Lo 0-100 km/h viene coperto in appena 4″4 (perché la 100D, la versione con più autonomia in gamma, è priva del famigerato “Ludicrous Mode”), e la velocità massima è autolimitata elettronicamente a 250 km/h: tenendo bene a mente il dato relativo al suo peso – che, lo ripeto, è superiore a 2.100 kg – converrete con me che sono dati abbastanza impressionanti. Ancor più sconvolgenti dei numeri, tuttavia, sono le sensazioni che la Tesla trasmette: in un cristallizzato silenzio elettrico che inganna noi figli del motore termico – abituati ad aspettarci un determinato comportamento dell’auto anche in base al regime di rotazione a cui stiamo viaggiando -, la potenza e la coppia motrice arrivano subito, e lo fanno ogni singola volta che si affondi con decisione il piede sul pedale dell’acceleratore. Non c’è lag, non c’è una progressione del motore, nulla di nulla: (non) si dà gas e ci si ritrova lanciati nell’iperspazio, con le oltre due tonnellate di peso che scivolano rapidamente nel limbo dell’insignificanza.

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Se per chi è cresciuto a pane e motori a scoppio abituarsi all’immediatezza ed alla fluidità della spinta elettrica non è cosa facile, questione non di poco conto è anche imparare in fretta a gestire la frenata della Tesla Model S, completamente diversa rispetto a qualsiasi cosa io abbia avuto modo di provare in precedenza. Deputati anche alla ricarica delle batterie, i freni dell’ammiraglia di Musk fanno il loro sporco lavoro anche quando non siano stati espressamente chiamati in causa, dato che i sistemi di recupero dell’energia cinetica entrano in funzione ogni qualvolta si sollevi il piede dall’acceleratore, e ci si ritrova dunque a fare i conti con un’auto che concretamente inizia la frenata prima di quanto noi ci aspetteremmo. E’ una sensazione strana, con la quale si entra in confidenza dopo pochi km e che però, una volta compresa fino in fondo, porta quasi inconsapevolmente ad adattare il proprio stile di guida alle esigenze della Tesla, sulla quale si finisce per sfiorare il pedale del freno solamente in caso di arresti bruschi in cui non sia più sufficiente la semplice decelerazione “rigeneratrice”. 

Se c’è però un aspetto della Model S 100D che non ha richiesto nessun tipo di adattamento da parte mia, quell’aspetto è stato il suo comportamento su strada. Aiutata dal posizionamento del pacco batterie – che abbassa il baricentro e che elimina le masse sospese alle estremità -, questa Tesla non rolla e non beccheggia neanche se strapazzata sulle sequenze di curve veloci di un passo di montagna. Limitata solamente da un sottosterzo che definirei fisiologico visti i kg in gioco, la Model S si rivela molto piacevole da guidare, mettendo in mostra un comportamento molto piatto che consente di sentirsi immediatamente a proprio agio e che permette addirittura di prendere un gran ritmo tra le pieghe dell’asfalto: è sincera, precisa, prevedibile e, con le sospensioni adattive nella modalità “Low”, rigida quel tanto che basta per essere sportiveggiante senza però sacrificare il comfort. La Model S stupisce per come riesca a far dimenticare in fretta masse e dimensioni – che riappaiono solamente quando si esagera con la velocità d’inserimento o quando si affrontano svolte davvero strette -, e impressiona per come risulti più guidabile e godibile di altre ammiraglie di pari classe e dimensioni. Questa Tesla (udite udite) è incontrovertibilmente divertente: potente, reattiva, sincera e precisa, mi ha permesso di divorare strade di montagna con una semplicità ed una velocità che non avrei mai sospettato. 

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Gli stessi passi di montagna che però hanno messo in risalto le doti dinamiche della Tesla Model S, ben presto, si rivelano i suoi più acerrimi nemici. Perché sarà pur vero che la 100D con una ricarica completa assicura una rassicurante autonomia di oltre 550 km, ma è altrettanto vero che mai come a bordo di un’auto totalmente elettrica si viva in maniera piuttosto ansiosa il diminuire della percentuale di carica residua. Tutto infatti, a bordo della Tesla, si alimenta tramite le batterie. Fari, impianto di condizionamento e riscaldamento, sistema di infotainment, tergicristalli, lavavetri e chi più ne ha più ne metta: qualsiasi cosa attinge l’energia necessaria dal pacco batterie chiamato a far muovere l’auto, generando così un consumo costante la cui entità varia a seconda delle condizioni esterne (una temperatura esterna più alta, per dirne una, causerà consumi più elevati) e costringendovi a guidare – almeno per i primi tempi – con un occhio sempre puntato sull’indicatore della batteria, che come negli smartphone sfuma progressivamente dal rassicurante verde al preoccupante rosso passando per l’allarmante giallo.

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Ed è questo l’unico vero motivo per cui, attualmente, avendo una disponibilità economica adeguata non comprerei mai una Tesla. Non per la mancanza di un rombo, non per le finiture migliorabili, non per quelle che, alla fine della fiera, sono cose destinate ad essere dimenticate non appena della Model S si inizi ad apprezzare la guidabilità, la potenza, il comportamento su strada che fa impallidire anche avversarie di marchi ben più blasonati. L’unico vero problema della Tesla – che con una ricarica completa offre un’autonomia comunque in linea con quella delle concorrenti in grado di offrire simili prestazioni – è la mancanza di un’adeguata rete di punti di ricarica, che rende difficile il pianificare viaggi lunghi (lungo una tratta da circa 700 km avrei dovuto fare due pause da circa 45′ ciascuna per poter arrivare a destinazione) e che soprattutto rende impossibile fronteggiare una riserva improvvisa che ci colga nel bel mezzo della giungla di distributori di mero e semplice carburante. Certo, per chi dovesse percorrere giornalmente meno di 400 km ed avesse per di più installata in casa la colonnina di ricarica che Tesla stessa mette a disposizione dei propri clienti, la Model S rappresenterebbe sicuramente una validissima alternativa alle sue avversarie termiche che partono da un prezzo di listino di 90.000 €. Per chi invece di km ne percorre abitualmente (o comunque spesso) più di 600, e non possa neppure fare affidamento su sistemi di rifornimento casalinghi, la Tesla Model S, allo stato attuale delle cose, non è purtroppo la soluzione. 

Ecco il video della nostra prova:





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow