close




p-20170713-00148_hires-jpeg-24bit-rgb

Cara Liberty Media,

Devo chiederti scusa. Scusa per aver dubitato di te sin dal primo momento in cui ti ho sentita nominare. Scusa per aver pensato che qualcosa di americano, alle prese con uno sport così ancestralmente legato al Vecchio Continente, potesse non rendersi conto di quale patrimonio umano ed emozionale – ancor prima che economico – aveva di fronte. Scusa per aver creduto possibile che dopo anni di fughe dai cuori di tanti verso i portafogli di pochi, dopo anni di oscurantismo mediatico, dopo anni di monotono monopolio, si potesse dare il colpo di grazia a quel mondo meraviglioso che è la F1. Scusa per aver pensato che non foste in grado di comprendere fino in fondo un universo fatto anche di curve verso destra, per aver ipotizzato addirittura che foste arrivati in Formula 1 solamente per spremere fino al midollo qualcosa che sembrava inesorabilmente destinato ad un lento declino.

Ed era un declino che andava oltre il mero punto di vista sportivo. Il dominio Mercedes, una volta oltrepassata la lente storcente con cui i Media propongono il Circus, era solamente la punta dell’iceberg. Io l’ho visto, il paddock della fine dell’era Ecclestone. Io l’ho respirato, il paddock dell’epilogo del dominio di Mister E. E quando sono tornato a casa, dopo il GP di Monza del 2015, mi sono davvero chiesto quale futuro attendesse la F1. Arroccata com’era in un elitismo imperante ed anacronistico, trincerata dietro barriere fisiche e virtuali che scavavano un solco incolmabile tra protagonisti ed appassionati, mi sono chiesto quanto ancora a lungo potesse esistere questo mondo che ho imparato ad amare fin da bambino. Ed ho temuto che con voi quello scenario impietoso, incapace di attirare nuovi tifosi con la stessa rapidità con cui si disamoravano i vecchi, potesse addirittura peggiorare. Mai credo di aver commesso, per quanto riguarda la F1, un errore di valutazione così grande. E quindi devo chiederti scusa.

Cara Liberty Media, 

Devo farti i complimenti. I complimenti per non aver perso tempo, i complimenti per aver agito in fretta, i complimenti per aver compreso che la F1 stava clamorosamente rallentando in un mondo che va invece velocissimo. I complimenti per aver implementato, sia a livello di qualità che di quantità, il materiale sui Social, che hai da subito individuato come il modo più economico, diretto ed immediato per catturare l’attenzione di nuovi tifosi. I complimenti per aver fatto capire ai team che si potevano prendere delle iniziative per avvicinare il pubblico a questo mondo (ah, il piccolo Thomas a Barcellona…), i complimenti per aver fatto sì che quelle iniziative si trasformassero in realtà. I complimenti perché ti sei resa conto che la F1 da raccontare ha molto di più delle tre FP, della sessione di qualifiche e dei circa 300 km di gara percorsi ogni domenica, i complimenti per aver notato che il pubblico voleva che fosse anche la Formula 1 ad andare da loro e non solo il contrario. Cosa che l’evento di Londra, uno show gestito come solo gli americani forse sanno fare, ha dimostrato in maniera evidente.

Perché la Pit Walk sono anni che non è più sufficiente, anch’essa nel suo piccolo limitata ad una ristretta cerchia di partecipanti. Perché le persone, per affezionarsi davvero a qualcosa, vogliono viverla. Vogliono sorridere imbarazzati mentre si fanno un selfie con il proprio pilota preferito, vogliono ringraziare con lo sguardo ancor prima che con le parole chi firma un cappellino, una maglietta, un poster o chi semplicemente saluta guardandoti negli occhi. E vogliono poterlo fare senza dover pagare cifre esorbitanti per un pass per il paddock, quel luogo ormai dotato di un’aura mistica dovuta alla sua inaccessibilità. Ho sempre pensato che la F1, prima ancora che un enorme business, sia uno sport. E allora se lo sport è di tutti non è giusto poterlo far vivere a pochi. “Pochi” il cui numero tra l’altro scende drasticamente di anno in anno. Tu, Liberty Media, hai impiegato 9 GP per capire tutto questo. Qualcosa che gli altri non capivano, o che facevano finta di non capire, ormai da anni. E quindi devo farti i complimenti. 

Cara Liberty Media, 

Devo dirti grazie. Grazie perché chi ti scrive è un ragazzo di 23 anni, appassionato di F1 da quando ne aveva forse 4, che gestisce una pagina con cui, negli anni forse più bui per il pubblico del Circus, ha sempre cercato di dimostrare al mondo che la Formula 1 potesse essere qualcos’altro rispetto a quel catafalco ambulante ormai in rovina. Grazie perché stai mettendo in mostra quel fascino, quelle emozioni, quell’umanità della F1 nella quale io ho sempre creduto. Grazie perché stai riportando la passione nel Circus, grazie perché stai svelando aspetti di questo sport che sembravano essere stati dimenticati. Grazie per aver avvicinato la Formula 1 alle nuove generazioni, a quelle che potranno sognare più intensamente di essere i nuovi Vettel, Hamilton, Verstappen, Ricciardo, Alonso perché li hanno visti con i loro occhi avvicinarsi, dargli il 5 e magari un buffetto sulla testa.

Perché così, Liberty Media, stai gettando le basi perché lo sport che amo possa sopravvivere ancora per tantissimi anni. E quindi devo dirti grazie. 





Tags : f1f1 live londonformula 1gp gran bretagnaliberty media
Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow