Eau Rouge-Raidillon, una delle curve più emozionanti ed impressionanti del mondo. Una “S” in salita con una compressione a valle e l’apice “cieco” a monte.
Un dislivello di ventiquattro metri che al giorno d’oggi si percorre flat-out. E se rimane una curva così unica ora che è relativamente “meno impegnativa”, pensate al cuore in gola che doveva provocare quando erano in pochissimi audaci -e folli- a percorrerla in pieno.
Era il 1999, la BAR 01 presentava nella sua line-up Jacques Villeneuve e il brasiliano Ricardo Zonta.
L’anno precedente, il pilota canadese era stato vittima di un sovrasterzo a Raidillon che lo aveva scagliato violentemente contro le barriere all’esterno della curva. Un incidente pauroso, la macchina è disintegrata, ma Jacques si allontana dalle lamiere accartocciate della sua Williams sulle proprie gambe.
“Dal momento che è stato un incidente enorme, quando ne esci illeso è come essere usciti vincitori da una rissa“. Così Jacques commentava il botto di fronte alle telecamere, con incredibile tranquillità.
Ma un pazzo -sportivamente parlando- come Villeneuve non voleva semplicemente “uscire da vincitore” nello scontro con l’Eau Rouge. Voleva metterla direttamente KO.
Era il 1999, ed il giorno prima delle Prove Libere del GP del Belgio, il campione del mondo 1997 si reca dal compagno di scuderia.
“Ricardo, ti propongo una sfida: vediamo chi riesce a percorrere Eau Rouge-Radillon senza alzare mai il piede“.
Una sfida pericolosa, una sfida inutile, una sfida folle, una sfida che Zonta accetta al volo.
Il primo a lanciarsi è il canadese che, al momento dello scollinamento, perde il posteriore e impatta contro le gomme come in fotocopia rispetto all’anno precedente. Villeneuve esce da solo dall’abitacolo e si allontana dalla monoposto a piedi. Viene esposta la bandiera rossa per ricostruire le barriere e spostare il rottame della BAR.
I giornalisti raggiungono Jacques per chiedergli del pauroso botto. “E’ stato simile all’anno scorso. L’impatto è stato meno violento ma mi sono capottato, quindi ho un bonus“.
“Un bonus? E per che cosa?” si chiedono tutti, ignari della scommessa con Zonta. Viene finalmente rimossa la bandiera rossa e la seconda -ed ultima- BAR 01 si lancia per il suo giro veloce.
Zonta entra nella compressione ad una velocità sconsiderata, la macchina spancia e va in testacoda. La monoposto si capotta, si schianta contro le barriere interne e rimbalza verso l’altro lato della pista roteando vorticosamente. Anche Ricardo fortunatamente ne esce illeso, ma nonostante ciò non vi è alcun sorriso sul volto del loro Team Principal Craig Pollock.
“Quando ho visto la scena [dell’incidente di Zonta] ho pensato ‘non è possibile, non può essere di nuovo la mia macchina‘. Però è anche vero che i piloti sono pagati per spingere la vettura al limite ed ogni tanto capita che lo superino”. La prende con più ironia Jock Clear che commenta “Sono rimasto un po’ deluso [da Villeneuve] perché a quanto pare Zonta lo ha battuto“.
Giunse così al suo termine, con milioni di dollari di danni, quella che fu la più grande roulette russa della storia della Formula 1.
Comportamento da biasimare? Forse. Comportamento folle? Sicuro. Ma, in fin dei conti, non è anche questo parte integrante dell’essenza del motorsport?