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Goodwood, Anno Domini 2018. Che il “Festival of speed” sia una delle manifestazioni più importanti e belle dell’anno è fuori da qualsiasi ragionevole dubbio. E’ un evento incredibile, dove migliaia di appassionati – più o meno famosi – si ritrovano per ammirare i loro sogni a due e quattro ruote. Tutti accomunati dalla medesima passione, senza alcuna distinzione, e ieri un’immagine particolare non ha fatto altro che confermare questo meraviglioso aspetto della manifestazione.

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Vi ricordate la prima volta che avete visto l’auto dei vostri sogni da bambino? Io sì, me lo ricordo bene. Fine anni ’90, Dodge Charger R/T del 1969, conosciuto ai più come “General Lee”. Già, le mattinate scorrevano davanti alla TV, e le puntate della serie “The Dukes of Hazzard” fecero sì che una delle mie auto preferite avesse una bandiera degli Stati confederati del Sud dipinta sul tetto. Il sapere che un concessionario non troppo lontano da casa ne avesse una – e non una riproduzione ma una di quelle veramente utilizzate nel telefilm, quindi una delle poche sopravvissute – fecero il resto. Obbligai mio padre a farci un salto, e mi misi là davanti per non so quanti minuti: le giravo e rigiravo intorno, la scrutavo con gli occhi di un bambino, illuminati, lucidi, vispi. Gli occhi di un bambino che sognava. Mi chiedevo se potesse fare dei salti anche nella realtà, se il motore Hemi fosse realmente così potente, sognavo di entrare dal finestrino come Boe e Luke.

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Passano gli anni, passa il tempo ma gli occhi non mentono mai. E quello stesso sguardo sognante l’ho ritrovato qualche anno dopo. Tra le tante auto che transitavano nella mia mente e che avrei voluto guidare ce ne era una, che per la mia concezione di vettura attirava e solleticava il mio intelletto più delle altre: la Lancia Thema 8.32. Certo, ho guidato auto migliori e con maggior blasone, ma sono un tipo amante delle particolarità. Amo tutto ciò che sembra normale ad un occhio poco attento, ma andando poi a fondo, soffermandosi qualche attimo in più, si scopre che è qualcosa di unico. L’idea, quel sol pensiero di mettere un motore Ferrari su una berlina, quell’alettone che usciva con un semplice girare la leva è stato per me qualcosa di incredibile, qualcosa che alimentava i sogni di un bambino. Poi però dagli occhi del bambino si è passati alla consapevolezza di un adulto: qualcosa cambia una volta che si gira la chiave, quando si fa il “prima-seconda- terza” con il rombo ad oltre seimila giri. E’ stato toccare il cielo con un dito, far sì che si aprisse un varco dimensionale. Ci si emoziona: quei pensieri, quel fantasticare prende forma e soprattutto si sposa con la consapevolezza che qualche volta i sogni si realizzano. Il sorriso si stampa sul tuo volto, non lo puoi controllare, così come gli occhi che quasi diventano lucidi ed il cuore che si alleggerisce mentre la tua mente si domanda “Ma è reale tutto questo? Sogno o son desto?”. Quarantatre muscoli del viso che potrebbero esprime circa diecimila espressioni, ma che in questo caso ne esprimono una e solamente una.

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Queste emozioni, questo sognare ad occhi aperti è qualcosa che hanno in comune tutti gli amanti delle due e quattro ruote. Non lo dico così per dire, ma perché pochi giorni fa, a Goodwood, un signore che risponde al nome di Sebastien Ogier me lo ha confermato. Vedere quel suo sguardo immortalato sulla Lancia Delta S4 di Toivonen mi ha fatto capire che non conta quanto tu possa aver vinto, quante auto e quanto veloce tu possa guidarle, conta che un appassionato di motori è un eterno sognatore. La mia mente ha ripercorso le immagini di Hamilton che si metteva dietro il volante della McLaren di Senna, o di Jacques che si metteva alla guida della Ferrari appartenuta al padre Gilles. Tutti indistintamente simili. Non contano i titoli, i milioni guadagnati, non conta nulla: tutti con le stesse identiche emozioni scolpite sul viso e la voce che cambia di tonalità come se non parlasse più la mente ma il cuore. Si fatica a realizzare che sia accaduto e, di quello stupore ne siamo investiti, travolti, siamo tutt’uno in un mix incredibile. Il tempo si ferma, non scorre più. Quel tanto scimmiottato “Vivo la mia vita ad 1/4 di miglio alla volta, non mi importa di nient’altro…per quei 10 secondi sono libero” diviene un mantra che ci attraversa e s’impadronisce di noi; non esiste nient’altro al mondo. Nient’altro che ci dia tutte queste emozioni in un colpo solo.

FIORANO (ITALIA) 08/05/2012 © FOTO ERCOLE COLOMBO

Ecco perché credo che noi appassionati di motori siamo degli eterni sognatori. Sappiamo meglio di altri cosa sia l’amore, cosa sia il sacrificio. Partiamo da bambini con le prime esperienze tra kart e minimoto, ore passate tra F1, Moto GP, WRC e chi più ne ha più ne metta alla consolle. I primi sacrifici per lo scooter, la moto, la patente, la prima macchina, costantemente affezionati ai nostri sogni. Non importa se essi siano un V8, un V10, un V12, un’auto da corsa, una Desmosedici Replica. Non importa. Ognuno di noi si emoziona allo stesso modo, insegue il suo sogno e lo ama a tal punto da fare ogni genere di sacrificio per poterlo conquistare, almeno una volta, almeno un minuto. Tutto costantemente con gli occhi di un bambino che si emozionava vedendo un GP o sentendo da km di distanza il rombo di una Ferrari o sorridendo nel vedere arrivare una Ducati con il suo incredibile ed inconfondibile bicilindrico. Siamo così, eterni sognatori, eterni innamorati senza alcun senso logico. Ma, dopotutto, da quando in amore esiste la logica? Esiste solamente quel bambino che è in noi, che sentiva il rombo del biturbo Maserati arrivare in paese sin da quando era a 1.5 Km di distanza da casa ed usciva in cortile ad aspettare che il proprio padre varcasse il cancello. Siamo così, eterni bambini, eternamente innamorati ma consapevolmente adulti. O quasi.

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Marco Perziani

The author Marco Perziani

Dal 1991 ossessionato dai motori. Vi parlo di nuove uscite, e narro storie. Tutto esclusivamente a base di cilindri, passione, odor di carburante possibilmente sulle note di un V10 aspirato.