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Intervista ad Andrea Amico, ingegnere per Dale Coyne in Indycar





Abbiamo intervistato Andrea Amico, systems engineer di Dale Coyne in Indycar dal 2023. In questa lunga chiacchierata abbiamo parlato del suo arrivo negli Stati Uniti, di come si vive da dentro un evento come la Indy 500, di David Malukas, pilota che ha seguito lo scorso anno, e dell’introduzione dell’ibrido.

Andrea Amico

Andrea è una vecchia conoscenza di Fuori Traiettoria. I nostri lettori più affezionati probabilmente ricorderanno già che era già stato protagonista di una nostra intervista. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata, forse più per lui che è per noi: dall’essere un ragazzo che lavorava in EuroFormula Open, Andrea è prima finito in Trident Motorsport per occuparsi di Formula 2 e di Formula 3, prima di volare oltreoceano verso la Indycar. E, siccome non capita spesso di intervistare qualcuno che si trovi all’interno di un team di un campionato così prestigioso, abbiamo deciso di ricontattarlo per sapere come si è evoluta la sua carriera negli ultimi anni.

Conosciamolo un VIP, buttiamolo via

L’autore di questo articolo pensando a chi intervistare

Fuori Traiettoria: Ciao Andrea, e grazie per l’intervista. Partiamo dall’inizio: tu ti eri già sentito con Fuori Traiettoria, all’epoca con Marco (Di Geronimo, ndr), e lavoravi ancora in EuroFormula Open. Dopo di questo ho visto che hai fatto anche altre cose, sei stato in Trident, nel Ferrari Challenge, nella Carrera Cup, ecc. Raccontaci un po’ cos’hai fatto negli ultimi 3-4 anni.

Andrea Amico: Quando ho fatto l’intervista per Fuori Traiettoria ero ancora agli inizi. Da allora ho avuto la possibilità di militare ancora un po’ nella F4 italiana, dove ho dato una mano prevalentemente come ingegnere, ma davo principalmente assistenza. Nel 2019 a gennaio sono entrato in Trident, come assistente del Team Manager, vista la mia limitata esperienza, e vi sono rimasto fino a settembre del 2022. Nel frattempo, all’interno della squadra, ho cercato di seguire un processo di formazione: sono diventato assistente ingegnere per il campionato di F2, poi ingegnere per i test di F3, seguendo le attività di sviluppo della squadra, e nel 2022 infine sono stato promosso a responsabile di tutta la squadra test, quindi mi occupavo sia dal punto di vista pratico della gestione della macchina in pista, sia di tutta la parte di pre e post organizzazione. Quindi mi occupavo dal seguire la disponibilità e i pagamenti del personale al simulatore dei piloti, fino ai report che vanno redatti dopo ogni evento. Sono stati anni molto intensi, con tante giornate in pista, stando sempre a tempo pieno in officina, e sono sempre stato un ingegnere a supporto di ricerca e sviluppo all’interno della squadra: dal punto di vista aerodinamico, a quello della gestione delle gomme, che abbiamo portato avanti da una società esterna. Nel frattempo, venivano provati i piloti degli anni successivi, e questo c’ha permesso di vincere il titolo a squadre nel 2021 chiudendo secondi in quello piloti, poi di arrivare secondi nel 2022 in entrambi i campionati, e infine di vincere il campionato piloti nel 2023 con i piloti provati nel 2022 (Gabriel Bortoleto, ndr). Quella sicuramente è stata l’esperienza più importante. Nel frattempo, nel corso del 2022, avevo voglia di provare altre esperienze, perché in Trident avevo definito tutte le mie routine, ero arrivato ad avere delle procedure rodate per qualsiasi cosa; per uscire da questa comfort zone, quindi, tramite alcuni colleghi, ho iniziato a lavorare nel Ferrari Challenge, nel campionato nordamericano, facendo tutte le gare del 2022 e poi quelle del 2023, e poi nel 2023 ho iniziato a seguire anche il Carrera Cup Italia, rimanendo fino alla fine della stagione. Nel frattempo ho portato avanti qualche test con una squadra della Boss GP, MM Motorsport, e con loro il lavoro era poco impegnativo dal punto di vista del tempo. Infine, da maggio 2023 sono stato chiamato tramite un collega per sostituire un ingegnere francese che stava aspettando il visto e doveva tornare in Francia, e l’ho sostituito qui negli Stati Uniti in Dale Coyne. Dovevo fare soltanto la Indy 500, ma poi nella realtà dei fatti mi hanno chiesto di settimana in settimana di fermarmi, rientrando in Italia quasi a fine stagione, a metà agosto. Poi da settembre ho continuato con il Carrera Cup Italia, e alla fine ho speso un po’ di tempo nell’organizzazione di questa stagione, che si è concretizzata nel mio ritorno indietro con Dale Coyne, con cui ci siamo accordati per tutta la stagione 2024.

Andrea Amico

FT: Il percorso che hai fatto per arrivare in Indycar quindi nasce fondamentalmente dal Ferrari Challenge North America, perché poi da lì hai avuto la possibilità di lavorare negli States e di finire in Coyne.

AA: In realtà sono abbastanza slegate le cose. Nel Ferrari Challenge NA si può lavorare negli USA, tramite visto turistico, a patto di lavorare per una società estera agli Stati Uniti, per una questione di tasse. Ho lavorato quindi come fanno molti ingegneri europei che lavorano nell’IMSA o nel WEC, arrivavo il lunedì prima e partivo il lunedì dopo la gara. Adesso ovviamente sono in mezzo alla procedura per il visto, che devo ancora ottenere, ma sono fiducioso, che prevede di rimanere tutta la stagione senza intoppi. Ovviamente è un processo lungo e rognoso, ed è uno dei principali punti di difficoltà per le squadre, perché gli Stati Uniti sono abbastanza protettivi verso il loro interno. Però l’idea è quella, in modo di fare tutta la stagione senza problemi.

FT: Quale ruolo ricopri esattamente in Coyne?

AA: Lo scorso anno sono entrato come systems engineer, che è traducibile come “sistemista” in italiano, ossia il responsabile dell’affidabilità di una delle due macchine. Il mio lavoro consisteva in qualsiasi cosa abbia a che fare con l’elettronica delle macchine, con la configurazione e l’affidabilità, ad esclusione dei parametri del motore, che ovviamente non sono modificabili dalle squadre, ma sono gestiti tramite i motoristi. Quest’anno invece, dopo un cambio del personale, sono tornato sempre come systems engineer, ma mi occupo della supervisione di entrambe le macchine, della formazione dei nuovi assunti, sempre per la gestione della parte dell’elettronica. I nostri lavori però variano dai cablaggi dei settori al volante, fino anche alle bilance per farei setup una volta in pista, e c’è un range di applicazioni che è molto più ampio di quelli che ci sono in Europa, magari in F2, perché tutti i cablaggi vengono fatti dalle squadre, e poi c’è molta libertà, ad esempio su sospensioni e volante, che sono liberi, e in più, per fare le cose fatte per bene, occorre un’organizzazione abbastanza articolata e pianificata, perché il calendario è molto serrato e diventa difficile organizzarsi in altro modo.

FT: Una cosa che si nota da fuori è che mentre nelle categorie “europee” c’è un team e poi ci sono i piloti, in Indycar ogni macchina ha la sua squadra “interna”. Da questo punto di vista, qual è la differenza rispetto ai campionati europei?

AA: Innanzitutto, la Indycar è rimasta un campionato molto genuino, molto simile a ciò che doveva essere il motorsport in Europa negli anni 80 e 90, con i suoi pregi e i suoi difetti: ad esempio, lo spettacolo viene prima di tutto, ma poi rispetto alla F2 è la categoria di rilievo nel weekend, e quindi c’è sempre priorità in pista, e quant’altro. In termini organizzativi, ovviamente è un campionato nazionale perché quasi tutte le gare sono negli Stati Uniti, ma la logistica è molto più estesa, perché il calendario è abbastanza serrato e non c’è il Circus della F1 a cui appoggiarsi per le spedizioni o altro. L’organizzazione è quindi un po’ più macchinosa ed estesa rispetto all’Europa. Per quanto riguarda la gestione delle macchine, è molto simile a ciò che si vede in Europa: è vero che in pista ogni pilota ha la sua livrea o la sua squadra che va a festeggiare la vittoria, mentre in F1 è gestita più a livello di team; ma nella realtà dei fatti anche per noi si parla di team, c’è piena collaborazione tra una macchina e l’altra, e non vengono fatte differenze, anzi, vengono preparate allo stesso modo. Certo, poi ci sono dei piloti che hanno delle particolari esigenze, e quindi la macchina viene preparata in maniera diversa, però si cerca di tenere quanto più possibile le cose nello standard.

FT: Rimanendo in tema di piloti, lo scorso anno hai lavorato con David Malukas: cosa puoi dirci di lui e come lo vedi per il futuro?

AA: David è un ragazzo veloce. Io non l’ho visto iniziare in Indycar, ma ho visto la parte finale della sua carriera con noi. Ha parecchio istinto da pilota, ma al tempo stesso ha ancora probabilmente uno step di maturità da fare per la gestione a 360 gradi di un evento in pista. Sono sicuro che in McLaren, con un supporto al top, può fare bene. Ha bisogno di essere tenuto sotto pressione; però con noi è stato onesto. Ci siamo divertiti molto, anche se ci sono stati dei weekend difficili, in cui ovviamente il clima non era il massimo, perché abbiamo avuto dei problemi al motore ripetuti, come ad esempio a Nashville, dove abbiamo avuto anche un incendio sulla macchina. Però sono cose che capitano, e come tali vanno gestite. Ovviamente, adesso ha fatto uno step molto importante: magari il primo anno sarà un po’ di transizione, dovrà imparare cose nuove, dovrà imparare a confrontarsi con avversari, anche all’interno della stessa squadra, molto veloci, cosa che comunque aveva già fatto con Takuma Sato nel 2022. Ma è uno step che sicuramente, vista la sua giovane età, non avrà problemi a fare.

FT: Come hai detto, sei arrivato a maggio per la Indy 500. Parliamo di una delle gare più importanti del pianeta, quindi ti chiedo, come l’hai vissuta tu personalmente e come si vive da dentro una gara del genere?

AA: La Indy 500 è stato un evento assurdo, venendo dall’Europa è una cosa che non avevo mai visto, sin dalla preparazione. È un qualcosa di difficile da descrivere, perché, come ho avuto modo di constatare dopo, il pubblico che viene a vedere la Indycar è un pubblico ridotto, il paddock è diverso da quello classico europeo, dove molte zone sono off-limits, ci sono procedure molto strette e ci sono molti modi di interagire con il pubblico, anche se c’è un biglietto a parte. Per la Indy 500 c’è stata invece un’attenzione sempre più crescente, che è diventata palpabile il sabato prima della gara; la domenica mattina addirittura siamo entrati in pista con la scorta, alle 4:30, per evitare il traffico. Alle 6 sparano i cannoni, e poi piano piano cresce sempre di più questa attesa, con tutte le procedure che iniziano tre ore prima della gara. È un evento che si sente tantissimo, il pubblico sugli spalti è inimmaginabile, nella sola giornata di gara c’è più o meno lo stesso numero d’accessi che c’è in un intero weekend di F1. Direi che è “mastodontica”. Però al tempo stesso viene gestito tutto molto bene, lo scorso anno non ci sono stati problemi di nessun tipo, ed è stato super emozionante essere lì seduto vedendo le leggende del motorsport americano che passano lì per fare la parata. Decisamente un’esperienza positiva.

Andrea Amico

FT: Un’esperienza positiva che rivivrai quest’anno…

AA: Sicuramente. Quest’anno puntiamo a fare meglio, purtroppo lo scorso anno c’è stato un contatto c on Canapino un po’ senza colpe da parte nostra che ha fatto piegare la sospensione verso metà gara, e il tutto mentre eravamo in una buona posizione per il finale. Certo, magari non avremmo vinto, però eravamo almeno da top 10 come passo e come strategia.

FT: Quest’anno invece quali sono i vostri obiettivi per il campionato?

AA: In primis definire i piloti, e poi in base a chi verrà definiremo gli obiettivi. Dal nostro punto di vista abbiamo dei progressi sulle macchine che stiamo portando avanti negli ultimi mesi. C’è però sempre l’incognita dell’ibrido, non si sa ancora quando arriverà. Per il momento il debutto è previsto dopo la 500 Miglia, ma quando arriverà ci sarà un’aggiunta incredibile di lavoro dal punto di vista ingegneristico per l’ottimizzazione delle prestazioni. Il nostro obiettivo quindi è sostanzialmente non avere ritiri dovuti a problemi elettrici e continuare con la nostra organizzazione.

FT: Un’ultima domanda, visto che l’hai citato: come la vivete questa cosa dell’ibrido? Perché doveva arrivare ad inizio stagione, poi forse arriva dopo Indianapolis, non è comunque chiaro ora, quindi come riuscite ad organizzare un piano di lavoro senza sapere se e quando ci sarà questo cambiamento epocale?

AA: È abbastanza difficile da prevedere il tutto. Ciò che possiamo fare noi è tenerci pronti per quando sarà il “D-Day”. Sono previsti dei test con l’ibrido che stanno portando avanti le varie squadre. Per quanto riguarda Dale Coyne, essendo una squadra più piccola rispetto alle varie Andretti, Ganassi, ecc, è richiesta un’organizzazione maggiore, perché ad esempio il materiale dobbiamo ordinarlo, e il personale è ridotto. Sappiamo già che arriverà un momento in cui debutterà l’ibrido, e per allora dovremo essere apposto su tutto il resto per concentrarci maggiormente su quell’aspetto. I motoristi stanno lavorando molto, vedremo se il debutto ci sarà davvero quest’anno o se verrà rimandato tutto all’anno prossimo. Cosa che, secondo me, avrebbe più senso. Poi certo, dal punto di vista della sfida è decisamente un aggiornamento molto interessante, con la maggiore potenza e tutti i nuovi parametri che verranno introdotti.

FT: Beh, magari a voi va bene…
AA: Beh sai, più personale c’è in una squadra e più è facile arrivare primi quando ci sono questi aggiornamenti, perché ovviamente puoi permettere alle persone di concentrarsi su un carico di lavoro ridotto. Quando si è in pochi, purtroppo, il lavoro è molto più condensato.

FT: Chiaro. Ti ringrazio Andrea, e ti auguro in bocca al lupo per la stagione
AA: Grazie a voi, ciao!





Tags : Andrea AmicoDale Coyne RacingIndy500indycar
Alfredo Cirelli

The author Alfredo Cirelli

Classe 1999, sono cresciuto con la F1 commentata da Mazzoni, da cui ho assorbito un'enorme mole di statistiche non propriamente utili, che prima che Fuori Traiettoria mi desse la possibilità di tramutarle in articoli servivano soltanto per infastidire i miei amici non propriamente interessati. Per FT mi occupo di fornirvi aneddoti curiosi e dati statistici sul mondo della F1, ma copro anche la Formula E (categoria per cui sono accreditato FIA), la Formula 2, la Formula 3, talvolta anche la Indycar e, se ho tempo, anche tutte le varie formule minori in giro per il mondo.