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Perché il WRC-2 è così dannatamente complesso?





Perché il WRC-2 è così dannatamente complesso?

Quando scriviamo i pezzi sulle gare del World Rally Championship, raramente le prendiamo realmente in considerazione. Eppure sono anche loro che, con la loro presenza costantemente fuori dai riflettori, contribuiscono ad aumentare il numero di concorrenti nella competizione mondiale rendendo possibile anche a piloti non in grado di salire su una vettura top-class, sia per motivi di talento o economici, la partecipazione all’evento.

Stiamo naturalmente parlando delle tanto bistrattate classi minori, raramente inquadrate dalle televisioni nazionali ma importantissime per lo sviluppo di giovani piloti da lanciare nel panorama del WRC nonché per partecipanti che, analogamente a quanto accadeva una volta nel Motomondiale, si specializzano nella guida di una determinata tipologia di veicoli in cui cercare di competere per la vittoria del campionato. Tali classi di competizione hanno fatto il loro esordio nel 2010 sostituendo le rispettive preesistenti, e sono state ulteriormente modificate nel 2013 per giungere alla configurazione odierna.

In questo caso ci focalizzeremo principalmente sul WRC-2, la più prossima a quella recentemente dominata da Ogier, unica tra queste a prevedere la partecipazione di vetture a 4 ruote motrici.

A tale classe appartengono 2 gruppi distinti di vetture con prestazioni radicalmente differenti: si tratta della R4, diretta erede della S-WRC (campionato sostituito dal WRC-2 nel 2013), caratterizzata da propulsori turbocompressi tra i 1600 ed i 2000 cc e da un peso minimo variabile in funzione della potenza, e della R5, creata ad-hoc alla nascita del format moderno anche se anch’essa con molti punti in comune con la vecchia serie, che prevede motori turbo da 1600 cc ed un peso minimo fisso di 1230 kg.

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In seguito alle modifiche di cui sopra, si è andata a formare una situazione alquanto particolare con 4 R5, 2 delle quali provenienti dalla stessa casa, costantemente in lizza per il podio, mentre le R4 sono quasi scomparse dalla circolazione a causa della loro manifesta inferiorità. Si tratta delle Skoda Fabia R5, Ford Fiesta R5, Citroen DS3 RRC e Ford Fiesta RRC (sono denominate RRC le auto derivate dalle vecchie Wold Rally Cars limitate nella potenza da una flangia da 31 mm): curioso come entrambe le Ford siano sviluppate da M-Sport, lo stesso mastodontico privato a capo del recente progetto WRC Plus, che si è quindi creato una scomodissima rivalità in casa. Ad ogni modo, a partire dal 2016, le RRC sono state trasformate in più sobrie R5, mettendo fine ad un’epoca di passaggio breve ma molto intensa.

Dopo tutte queste noiosissime nozioni passiamo a qualche nome. Nella breve vita di questa serie, nella quale hanno vinto sia 22enni che ultra 40enni, numerosi sono stati i vincitori famosi: i primi 2 che saltano all’occhio sono sicuramente Juho Hanninen (2011) e Craig Breen (2012), campioni rispettivamente con Skoda Fabia S 2000 e Ford Fiesta S 2000 ed al momento rivali nella massima competizione mondiale. Non sfugge sicuramente il nome di Robert Kubica che, nonostante la più che giustificata nomea di pilota dall’incidente facile, ha saputo portare a casa il titolo 2013 a bordo della sua Citroen DS3 RRC. Seguono 2 iridi consecutivi per l’espertissimo Nasser Al-Attiyah, conquistati entrambi a bordo di una Ford Fiesta RRC, mentre l’anno scorso, dominato in tutto e per tutto da Skoda, ha vinto Esapekka Lappi, autore di una stagione praticamente perfetta che gli aveva quasi fruttato un posto nel WRC Plus prima che questo gli venisse rubato dall’improvvisamente appiedato Jari-Matti Latvala.

In tutto questo si apre un interrogativo: perché questa classe, così apparentemente aperta e ricca di battaglie per il titolo, è così poco considerata dal pubblico? Sicuramente il fatto che sia di secondaria importanza rispetto al WRC Plus non è da sottovalutare, ma secondo me il problema principale è un altro, ovvero la complessità.

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Se siete riusciti ad arrivare fino a questo punto dell’articolo (complimenti, non me lo sarei aspettato!), avrete sicuramente capito che il nozionismo la fa da padrone da queste parti: 2 classi con specifiche diverse e con concatenazioni storiche abbastanza difficili da risalire, come si è potuto notare dalla differenziazione R4/R5/RRC, riunite insieme all’interno dello stesso campionato non rappresentano propriamente qualcosa di intuitivo come invece avveniva in un passato non troppo remoto. E questo non è neanche il fattore più determinante.

Esiste infatti da molto tempo una metodica molto particolare per attribuire il punteggio: un pilota si può iscrivere a tutte le gare che vuole, dichiarando di volta in volta quali faranno punteggio e quali invece no fino a raggiungere un massimo di 7 gare che attribuiscono punti. Da questi 7 Rally viene scartato a fine anno il risultato peggiore, facendo scendere a 6 le corse che attribuiscono effettivamente punti. Questo sistema, ovviamente studiato per quei team che hanno meno soldi degli altri, è ormai anacronistico. A contendersi la vittoria ci sono sempre squadre di un altissimo livello che si possono permettere notevoli investimenti economici, e raramente si possono vedere duelli diretti sulla strada poiché spesso i rivali scelgono di prendere parte a corse differenti, rendendo spesso impossibile effettuare qualsiasi paragone.

È accaduto proprio l’anno scorso che Esapekka Lappi abbia vinto il campionato con una gara di anticipo nonostante avesse soltanto 1 punto di vantaggio su Suninen e 6 su Evans. Peccato che questi ultimi avessero già concluso le corse a disposizione, rendendo impossibile qualsivoglia adrenalinico finale a 3.

Ecco perché, per la prossima stagione, auspico una semplificazione del format di competizione del WRC-2, che tanto ha già dato al mondo del Rally affinché diventi, oltre che una serie perfetta per i piloti in erba, anche appassionante per tutti i tifosi nella speranza che intanto qualcuno riesca a rompere il dominio Skoda verso cui questa serie sta virando sempre più.





Tags : wrcWRC 2
Michele Nicolini

The author Michele Nicolini

Nasco in Liguria durante il GP di Spa 1998 e, come era prevedibile, dimostro fin da subito una grande passione per qualsiasi cosa abbia delle ruote e un motore indipendentemente dalla categoria. Su Fuori Traiettoria mi occupo del mondo rallistico ma non solo, occasionalmente trattando altri ambiti.