Il Salone di Ginevra è un luogo mistico per ogni appassionato di automobili. Questo è il palcoscenico dove i costruttori possono svelare concept arditi, che anticipino le future linee stilistiche della Casa, e nuovi modelli che trainino il marchio. Sin da quand’ero bambino ho sognato di mettervi piede, e quest’anno ci sono riuscito. Vi racconterò il mio viaggio in due parti, descrivendo la prima e la seconda giornata, cercando di farvi sentire parte integrante di questa bellissima esperienza. Con una bellissima sorpresa finale.
“We all came out to Montreux / On the Lake Geneva shoreline / To make records with a mobile / We didn’t have much time…” cantavano i Deep Purple. Erano quasi le 6 di mattina, lungo il tratto di A4 che costeggia il Lago di Garda. Le luci dei fari cominciavano a farsi sempre più deboli, soppresse dai primi chiarori dell’alba. Il dilucolo. Mano a mano che mi avvicinavo a Milano, il sole si ergeva sempre più in alto nel cielo e la strada si congestionava, sino a diventare un’unica fila indiana. Passata la congestione meneghina tutto si è fatto più facile, e il Piemonte è scorso via d’un fiato. Fiato che mi è stato tolto dalla bellissima Val d’Aosta, dove le alte vette innevate abbracciano il lungo serpente nero chiamato A5. A pochi chilometri dal confine italo-francese però, in quel tratto di pochi chilometri che attraverso dei lunghi tornanti e gallerie permette di arrampicarsi in direzione Traforo T1, la neve è cominciata a fioccare leggiadra e rada. Una lunga colonna di tir davanti a me, un’altrettanto lunga colonna dietro di me. Quasi immobili su questi rampini, sotto i leggeri diamanti di ghiaccio. Poco dopo però la strada si è divisa, ed una corsia preferenziale per auto e moto mi ha consentito di scorrere con facilità gli ultimi 2 chilometri d’Italia. Sosta al casello e poi via, dentro la pancia del Monte Bianco.
Il traforo del Monte Bianco è una galleria di 12 chilometri, metà in salita e metà in discesa. Obbligatorio tenersi tra i 50 ed i 70 km/h e mantenersi a 150 m dal veicolo che precede. Per chi ha in programma di ripassarci entro 72 ore, il passaggio di ritorno è scontato di quasi il 90%, a patto di dichiararlo subito. Dopo 10 minuti, una debole luce naturale segnalava l’imminente fine del tour all’interno del Monte. Sbucato fuori però, andavo a sbattere contro grossi fiocchi di neve, fitti. Tutto era ricoperto da 30 centimetri di fresca coperta nivea, con una corsia e mezza delle due che spettavano al mio senso di marcia tutto sommato in buona condizione, con un velino di nevischio. DNA posizionato in modalità All Weather e giù lungo la N205, affrontando una ripida discesa di 20 km spezzata da 5 tornanti molto ampi e belle curve di vario raggio. Molto divertente vedere, immerso nella candida nevicata che nel frattempo si era parecchio intensificata come forza e quantità, un cartello stradale bilingue recitante un ironico “Bienvenue sur la Route Blanche-Benvenuto sulla Strada Bianca”. Simpatici i cugini d’oltralpe. Ha inizio quindi la A40, che mi porterà sino quasi alla dogana Svizzera, e di lì a poco la neve diventerà pioggia.
Passata senza indugi la Dogana di Thônex- Vallard, ero finalmente in territorio elvetico. Ma è stato un vero trauma. Le strade non sono per niente lisce come un tavolo da biliardo, anzi! E soprattutto ogni 100 metri un semaforo era pronto a rallentare le mie velleità. I 12 chilometri che mi dividevano dal Palexpo diventarono un eternità, congestionato nel traffico ginevrino. Ma questa lentezza mi ha concesso di dare una leggera occhiata alla città, senza distrarmi dalle indicazioni per l’aeroporto. Ginevra è una città molto bella, adagiata sul lago che da lei prende il nome, con molti luoghi che catturano lo sguardo. Se dovessi paragonarla a qualche altra città, direi Monte Carlo, solo grande il doppio e senza hypercar parcheggiate selvaggiamente. O meglio, le hypercar ci sono, ma dentro il Palexpo.
Parcheggiata la macchina, posso finalmente varcare le soglie dell’87° Salone di Ginevra, il GIMS (Geneva International Motor Show). Ritirato il pass, senza perdere tempo vado a cercarmi una postazione in press zone. Una sala enorme, 200×100 metri, piena di computer e stampanti, crogiolo di culture. Non esisteva Nazione che non avesse un inviato lì, tutti uniti dalla passione per le automobili. Il Salone è organizzato su due piani disassati suddivisi, solo idealmente e non fisicamente, in “Halle” per rendere più facile la ricerca degli stand. Prendo la scala mobile e salgo, direzione Halle 1. Una volta arrivato vengo letteralmente abbagliato: luci e faretti pendono da ogni dove. Le carrozzerie delle automobili lucidate a specchio riflettono queste luci, e quasi tutti noi che eravamo lì abbiamo avuto da ridire per dei pesanti mal di testa. Passati i primi momenti in cui mi sentivo come un bambino nella fabbrica di Babbo Natale, mi sono accorto che dai soffitti pendevano dei cartelloni, in corrispondenza degli stand, che indicavano i Marchi. Senza indugio mi sono fiondato verso la Pagani, posta di fianco alla Bugatti.
Allo stand Pagani troviamo una Zonda giallo oro di un privato e la nuovissima Huayra Roadster. Bellissima, d’un colore blu che ne esalta le forme. Rispetto alla versione chiusa, è più leggera di 80 kg e più potente di 34 cv, frutto di un affinamento tecnico. L’aerodinamica è stata ribilanciata per sopperire alla mancanza del tetto, per recuperare efficienza. Ma se siete interessati a prenderne una, sappiate che non siete costretti ad usarla solamente col sole. Viene fornito assieme un piccolo tettuccio di carbonio e cristallo, pesante solo 12kg. La parte in cristallo è stata studiata per ridurre al minimo i fruscii dell’aria, filtrandoli, senza intaccare il suono del motore, così che il pilota possa avere il massimo piacere di guida derivante dal sound anche a vettura chiusa. Piccolo aneddoto sul cambio della Huayra: Horacio Pagani ha fatto e rifatto la leva del cambio ben 4 volte finché non ha ottenuto il suono perfetto, ed intendo il suono che fa la leva quando la muovi avanti e indietro per cambiare sequenzialmente le marce. Un maestro. Alla fine dei due giorni, non basteranno le dita di mani e piedi per contare le volte in cui mi sono fermato allo stand Pagani per ammirare la Huayra Roadster, forse la più bella auto del Salone. Interessante il fatto che don Horacio abbia dato nomi che richiamano l’antica Grecia ai dettagli estetici, come ‘ciglia di Venere’ per le due estremità di carrozzeria che vanno a sovrastare i gruppi ottici posteriori, con una forma davvero femminile e sensuale. Ma della Pagani Huayra Roadster ve ne parleremo meglio e più approfonditamente in un articolo a lei dedicato.
A pochi passi c’è lo stand Lamborghini, un grande piano rialzato in cui, tra un’Aventador S e una Huracán LP 580-2 RWD Spyder, trova grande spazio la nuova Lamborghini Huracán Performante color arancione opaco. Il suo motore è un 5.2 v10 aspirato da 640 cavalli e 600 nm. Trazione rigorosamente integrale e trasmissione a 7 marce LDF (Lamborghini Doppia Frizione). Ma ciò che cattura l’occhio è lo sporco che copre le sue parti nere. In realtà non è un’alone di polvere, è l’aspetto che ha la fibra di carbonio forgiata, soluzione brevettata che consente di ottenere una fibra di carbonio leggermente più leggera a pari rigidità rispetto alla tradizionale, ma soprattutto consente di creare componenti in tale materiale senza limitazioni di forma e volumi. Con questo carbonio forgiato la Lamborghini ha quindi potuto realizzare tutte le appendici aerodinamiche, ed appunto è interessantissima l’aerodinamica dalla Perfomante. Essa è composta sia da soluzioni passive che attive e all’alteriore e al posteriore. Attraverso dei flap posti nelle canalizzazioni sul cofano motore, è possibile mandare in stallo l’imponente alettone, consentendo di ridurre il drag quando negativo per le prestazioni. L’insieme di queste soluzioni aerodinamiche ha preso il nome di A.L.A. (Aerodinamica Lamborghini Attiva). Un articolo più approfondito su di lei e sulle sue interessantissime soluzioni tecniche verrà redatto a giorni. Questa vettura ha ottenuto il record sul circuito del Nürburgring Nordschleife, con un tempo di 6:52.01.
Accanto alla Lamborghini troviamo la Porsche, a sua volta confinante con Audi e Bugati. La casa di Stoccarda ha portato qui le nuovissime Panamera Sport Turismo, che possono essere considerate come una versione station wagon/shooting brake della Panamera, e 911 GT3. La nuova GT3 vanta un 4.0 da 500 cavalli e 460 nm, rispetto alla precedente l’estetica è mutata seguendo il restyling della serie 991. Il nuovo diffusore è preso a prestito dalla 911 R presentata proprio qui un anno fa, mentre l’alettone ricalca le forme del precedente, risultando però più grande. Di serie avrà il PDK a sette rapporti, mentre in autunno sarà disponibile anche con un manuale a 6 marce, un adorato ritorno. La scelta di Porsche di far tornare disponibile il cambio manuale sulla GT3 è stato accolto con molta gioia dagli appassionati e dai puristi.
Lo stand Audi risulta equamente diviso con da una parte modelli colorati di rosso, dall’altra modelli in blu. Dopo alcune ricerche però non sono riuscito a rinvenire una R18 con cui andare a pescare. Per avere spiegazioni, mi sono rivolto quindi ad un manager della Casa dei 4 anelli, il quale ha sostenuto che il suo posto fosse solo in un museo a prendere polvere. In questa infruttuosa ricerca mi sono imbattuto nella nuova RS5, prima Audi RS a seguire il nuovo corso stilistico. Il suo motore è un 2.9 V6 TFSI biturbo da 450 cavalli, a 8.250 giri/min, e 600 nm, tra i 4.000 ed i 6.000 giri/min, distribuiti alle 4 ruote dalla trazione Quattro. Allo stand Audi troviamo anche 3 Ducati: una Monster, una Supersport ed una Multistrada. A completare i due Halle del piano rialzato troviamo i rimanenti marchi del Gruppo VAG (Bentley, Skoda, Seat e mamma Volkswagen), Opel, Dacia, Mitsubishi, Subaru, Cadillac, Chevrolel e vari piccoli atelier, tra cui la nostra Pininfarina. Allo stand Pininfarina rapisce lo sguardo la Fittipaldi EF7 Vision Gran Turismo by Pininfarina.
Ormai però la stanchezza del viaggio comincia a farsi sentire e mi dirigo in media zone, dove posso sistemare con calma appunti ed immagini un’oretta. Ripresomi, decido di passare le ultime due orette prima della chiusura passeggiando con calma tra gli stand del piano basso. Ci vado passando attraverso il piano rialzato, perché volevo essere sicuro che la Huayra non avesse preso vita. Purtroppo però nessun accenno di tutto ciò, ma vi assicuro che quella macchina ha un’anima. Scendendo le scale che collegano l’Halle 2 al 3, mi si staglia davanti la vastità degli Halle 3, 4, 5 e 6. Subito sotto le scale ad attendermi ci sono le GT-R Nismo e 370Z Nismo dello stand Nissan. Accanto troviamo lo stand Honda. E lì in un soppalchino rialzato troviamo la Honda NSX e la “mangia motori”, la McLaren MCL32. Ma non lasciatevi ingannare, è la MP4-31 dello scorso anno, riverniciata per l’occasione. Infatti sono riuscito a ficcare la testa all’interno dell’abitacolo, dove ho potuto leggere la targhetta con nome della vettura e numero di telaio. Allo stand Honda era poi presente la nuovissima CBR 1000 RR Fireblade SP2, l’arma con cui la casa dell’ala vuole tornare al top in Superbike.

La testa però comincia a far fatica a concentrarsi, e scelgo allora di girare più che altro per capire come sia organizzato il salone e sfruttare il giorno successivo, data l’apertura sin dalle 7, per completare la raccolta d’informazioni. Davanti alla Honda c’è la Alpine, lo storico marchio francese finalmente ritornato con la A110 dotata di un 1.8 da 250 cavalli e 1080kg di peso. Il suo bellissimo telaio è esposto nudo e crudo, sembrando un’opera d’arte nudista (e per un appassionato anche parecchio pornografica). Anche per lei un articolo dedicato è doveroso
Trovo al centro del piano basso gli stand del Gruppo FCA, dove spiccano le ragazze dello stand Abarth che, vestite in tenuta da corsa, propongono di far vivere l’esperienza Abarth attraverso dei visori per la realtà aumentata. Stand Abarth in cui era presente una bellissima Yamaha XSR900 Abarth, realizzata in soli 695 esemplari, dotata di cupolino in carbonio da cafè racer e di un codino a goccia, sempre in carbonio. La Ferrari faccio finta di non vederla, voglio potermi godere al massimo il momento in cui finalmente incontrerò la 812 Superfast. Grande spazio per la Stelvio nello stand Alfa Romeo.
Trovo quindi i Costruttori inglesi, con McLaren, Aston Martin, Jaguar, Land Rover e Rolls Royce una accanto all’altra. A svettare su tutte sono l’Aston Martin Valkyrie, frutto della collaborazione tra Adrian Newey e la Casa preferita da James Bond, e la McLaren 720S. Poi all’angolo estremo dell’Halle 6 troviamo una accanto all’altra le eterne rivali, Mercedes e BMW. Mercedes che come vanto mostra la sua W07 Hybrid, tenendola appesa ad un muro come un quadro, nella sezione dedicata ai modelli AMG. In questa sezione spicca la AMG GT-Concept. BMW ha scelto invece di organizzare il proprio stand mettendo in risalto la nuova Serie 5 Touring, esposta in vari colori e versioni. Presenti due moto anche allo stand BMW, dove campeggiavano una R1200GS e la R Nine-T Racer.
Sono le 19 e decido di tornare nella sala dedicata ai media, dove posso trovare tranquillità ed un buon caffè. Comincio a sistemare e scegliere le foto, sento Stefano e gli altri ragazzi della redazione per organizzare al meglio la giornata successiva. Il tempo intanto scorre e le 20 sono passate da molto, ormai siamo una sola dozzina di persone nella Media Zone. Decido di andarmi a fare un’ultima passeggiata tra gli stand. Metà delle luci sono state spente, negli stand delle case più importanti stanno avendo luogo tranquilli rinfreschi per le autorità e clienti importanti. Le auto più pregiate sono state messe al sicuro sotto ad una coperta, perché anche anche loro hanno il diritto di riposare. Non sono fatte per vivere come modelle.
Tornato alla macchina decido di girare per un po’ Ginevra. Mai scelta fu più giusta. Le strade erano quasi deserte, le nuvole avevano abbandonato il cielo lasciando le stelle libere di specchiarsi nel lago, così come case e palazzi. Una piccola passeggiata lungo il Lago di Ginevra in una notte stellata è davvero ristoratrice. La fame comincia però a farsi sentire, il salone mi aveva fatto dimenticare di aver uno stomaco, non mangiavo da quand’ero entrato a mezzogiorno, quasi 12 ore. La tarda ora e la necessità di un pasto sicuro mi hanno orientato verso un fast food che avevo visto per caso lungo il confine franco-svizzero, a 10 minuti dal centro. Consumato il pasto celermente, mi son potuto dirigere verso una tana in cui dormire, conscio però che la sveglia sarebbe stata di lì a due paia di ore.