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La Formula Uno dei nostri giorni ci sta facendo abituare a giovanissimi prodigi che debuttano nella classe regina, non senza sollevare polveroni di polemiche. Pochi però sanno di quel ragazzino che nei primi anni ’60 aveva anticipato di decenni questo fenomeno, impressionando anche i più grandi veterani del motorsport.

Ricardo Rodriguez
Dal 2015 la carovana della Formula 1 ha deciso di fare ritorno a Città del Messico, nell’autodromo Pedro e Ricardo Rodriguez. Il circuito è dedicato a due fratelli messicani, accomunati, oltre che dal talento alla guida anche dal tragico destino che li portò dalla culla alla tomba.

Non molti conoscono la sensazionale quanto breve storia del più giovane, Ricardo, che nacque esattamente 76 anni fa. Quindi qual occasione migliore per togliere la polvere dagli annali e presentarvi il pilota che ammutolì l’intero mondo dei motori dell’epoca?
Nato a Città del Messico, il 14 Febbraio 1942, Ricardo Valentine Rodriguez de la Vega era il più giovane di due fratelli di una benestante famiglia messicana. Fin da tenera età, Ricardo decise di seguire ovunque le orme del fratello maggiore Pedro, come un’ombra. Cominciò quindi a correre in bicicletta all’età di dieci anni, sentendo però quella sete di benzina che lo accomunava a Pedro. La bicicletta non era abbastanza… gli andava stretta. Lui aveva bisogno di vera e pura velocità, della ricerca del limite, dell’adrenalina che solo un motore montato sul tuo mezzo può darti. I due si spostarono dunque sulle moto, gareggiando a livello nazionale, fino a sublimare con il trionfo proprio di Ricardo nella classe 125 a soli tredici anni. Ma per un baby prodigio del suo calibro anche sole due ruote non erano sufficienti.

L’intero Paese latinoamericano si ammutolì resosi conto del talento che stava allevando tra le mura domestiche quando Ricardo, a quindici anni appena, al suo debutto a quattro ruote a livello internazionale, condusse la sua Porsche 550 RS al vertice della classifica under 1500 cc, vincendo a Riverside.

Ma questo è ancora nulla.

Nel 1956, a causa della sua giovanissima età gli venne rifiutata all’iscrizione alla 24 Ore di Le Mans, ma lui non si fece decisamente fermare da un banale numero come la data di nascita, ripresentandosi all’edizione del 1959. Il suo nome cominciò a comparire in tutte le conversazioni motoristiche d’Europa quando, alla più celebre competizione endurance del mondo, nel 1960, spinse la sua Ferrari 250 TR59 fino al secondo posto. È il più giovane pilota della storia a salire sul podio della prestigiosa quanto sfiancante Le Mans.

Ricardo Rodriguez Le Mans

Enzo Ferrari nel 1961, decise di affidargli la vettura clienti per il GP di MonzaAd appena 19 anni e 209 giorni Ricardo Rodriguez divenne il più giovane pilota della storia a prendere parte ad una gara di Formula Uno. Un primato che manterrà per lungo tempo, precisamente fino al Gran Premio del Canada del 1980, dove il record gli venne sottratto dal neozelandese Mike Thackwell.

Ma lui era giovane, folle, non si faceva travolgere dalla pressione. In qualifica fece valere tutto il suo talento prendendosi senza presentazioni il secondo posto in griglia. La gara non fu da meno. Per la quasi interezza del Gp combatté con Phil Hill e Richie Ginther per la supremazia della classifica, fino a quando i suoi sogni di gloria finirono infranti da un guasto alla pompa della benzina. Il ritiro fu inevitabile, così però come l’ulteriore divulgarsi della sua fama.

Il suo carattere spigoloso e la sconsideratezza dovuta alla giovane età non ne intaccarono la reputazione, convincendo Enzo Ferrari a fornirgli una guida ufficiale per la stagione 1962, anche se utilizzandolo “con il contagocce”. Ma, quando corre, lui impressiona: secondo posto a Pau, quarto in Belgio (solo perché per un ordine di scuderia fece passare Hill all’ultimo giro), sesto in Germania. Le star dell’epoca lo temono. Sembra che sia un predestinato. Qualcuno che vincerà tutto in carriera. Nello stesso anno, infatti, aggiunge al suo palmares anche il primo posto alla Targa Florio e la sua sete di vittorie sembra non avere fine.

ricardo rodriguez

È tempo del Gp di casa, quello di Città del Messico, quello dove deve tornare e trionfare davanti alla sua gente. Essendo un gran premio non valido per il campionato piloti, Ferrari decide di non rischiare e di non presentare le vetture. Ma Ricardo ha una brama viscerale per quella gara. Lui vuole -e deve- esserci. Si guarda attorno. La possibilità si palesa sotto il nome di Lotus, che lo assume.
Ma nessuno immagina che quella possibilità, sotto mentite spoglie, non fosse altro che il tragico destino.

È il primo novembre.

Ricardo ha vent’anni, una moglie, un talento con pochi precedenti, una carriera di successi di fronte a sé.
Ma Ricardo ha anche una sospensione che cede nel primo giro di prove. La sua auto perde il controllo e finisce fuori pista impattando violentemente contro le barriere. Il pieno carico di carburante comincia a bruciare all’istante, con il messicano ancora vivo intrappolato nell’abitacolo. Un fuoco che spegne sogni, un fuoco che spegne una vita, un fuoco che spegne la carriera di una promessa che a soli vent’anni aveva già sparso la sua fama, irreversibilmente, nella storia delle corse automobilistiche.

Chissà che albo d’oro staremmo leggendo adesso, se Ricardo Valentine Rodriguez de la Vega avesse seguito la volontà di Enzo Ferrari, in quel soleggiato primo novembre 1962.

ricardo rodriguez




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Carlo Ferraro

The author Carlo Ferraro

Classe tanta e '96, comincio a seguire la Formula 1 all'età di sette anni. Da lì la passione per le corse non smette di crescere, fino a far diventare il motorsport parte integrante della mia quotidianità. Ad oggi, tramite FuoriTraiettoria, sono accreditato Formula 1 e Formula 2.