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“Mate, I was racing!”: quando Miller, infortunato, si fece male sfidando Cavendish e Crutchlow in bici





Un tipo eccentrico, questo Jack Miller. Australiano, classe 1995, faccia grintosa e spirito libero. Uno di quelli che non imbrigli nelle pastoie delle buone maniere, uno di quelli che andava per conto proprio già a 5 anni, età in cui è salito in sella alla sua prima moto da cross, e che quindi ora è difficilissimo indirizzare su strade che non siano quelle che lui ha deciso di percorrere. 

© MotoGP
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Che “Jackass” fosse uno con qualcosa di piuttosto speciale nel modo di guidare lo avevamo notato tutti nel 2014, quando con la KTM del team Ajo seminò il panico durante tutta la stagione di Moto3. Un modo di correre sfrontato, forse folle, privo di logica, che alle volte pagava e che altre volte invece la faceva pagare, gli consegnò la 2^ posizione iridata alle spalle di Alex Marquez, ma soprattutto lo consegnò alle attenzioni della Casa Alata. Honda, in maniera forse inaspettata, decise di dare fiducia a quel ragazzone australiano: che vada a farsi benedire la Moto2, tu vieni con noi in MotoGP. In un team satellite, questo è chiaro, ma il salto è uno di quelli che avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque. 

Il polso di Jack, però, rimane piuttosto saldo sulla manopola del gas. Certo, la classe regina è un’altra cosa rispetto alla Moto3: Miller chiude la stagione d’esordio – il 2015 – in 19^ posizione assoluta, incamerando 17 punti e 7 ritiri. Numeri tipici di un debuttante, verrebbe da dire, soprattutto se si ricorda quanta fatica abbia fatto nei suoi primi anni di MotoGP un altro australiano, apostrofato “Rolling Stoner” per via dei suoi innumerevoli ruzzoloni ben prima che quel #27 che portava stampato sulla carena venisse temuto su qualsiasi pista del mondo. La fiducia dei vertici di Honda – e forse di uno di loro in particolare, che proprio in Stoner aveva creduto qualche anno prima – rimane quindi immutata anche nel 2016, anno in cui Jack, in una stagione tribolatissima e costellata più da punti di sutura che da punti iridati, si sveglia in una piovosa mattina olandese e decide di far vedere che lui, in MotoGP, può starci. Eccome se può starci. Quel GP di Assen, quella vittoria imprevista ed imprevedibile, rimane tuttavia una stella troppo isolata nel firmamento di infortuni e Gran Premi saltati, ed alla fine di un 2017 al di sotto delle aspettative le strade di Jack e della Honda si separano, con l’australiano che si accasa in Ducati prendendosi la sella prima occupata da Scott Redding.

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© Getty Images

Arriviamo quindi a ieri, a quell’inquadratura sull’uscita dell’ultima curva dell’ultimo giro cronometrato della Q2 del GP d’Argentina che lo vede impegnato con ogni fibra muscolare a domare una recalcitrante GP17. Arriviamo a quell’1’47″153 messo a segno, in maniera tanto coraggiosa quanto folle, con gomme Slick su pista umida, aggrappandosi strenuamente ai semi manubri della sua Ducati come se da loro dipendesse la sua stessa vita. Arriviamo ad un altro episodio che mette il mondo intero di fronte al modo spregiudicato ed irriverente con cui Jack Miller affronta ogni giorno della sua velocissima esistenza. Tanti, forse tutti, si stupiscono ancora di ciò. Io, invece, non ci riesco. Dal racconto che ho avuto modo di ascoltare in una notte di fine estate a Rimini da Jack Miller mi aspetto di tutto. 

Era la mia prima esperienza tra le fila di Honda HRC, in occasione del GP di San Marino del 2016. Un’altra giornata in pista si era conclusa, e prima di andare a dormire mi stavo trattenendo nella hall dell’albergo con altri ragazzi del team. Si parlava dell’esito delle FP, si facevano previsioni sulla qualifica, quando all’improvviso la conversazione vira bruscamente su Jack Miller. La presenza del pilota australiano al via del GP di Misano è fortemente in dubbio: il #43 non si è infatti ancora ripreso dal brutto incidente avuto nel corso del Warm-Up del GP d’Austria, e anzi sembra quasi aver avuto una inspiegabile ricaduta. Inspiegabile ricaduta che, a dire la verità, tanto inspiegabile non è. E anzi, è forse proprio la cartina al tornasole di un modo di vivere al limite, in maniera sfrontata e folle, spegnendo la ragione e facendo di tutto per ottenere un qualsiasi risultato. La cartina al tornasole dell’unico modo di vivere che, probabilmente, Jack Miller conosca davvero.

Jack Miller, Austrian MotoGP. Saturday 13 August 2016

“Jack è matto” – mi dice infatti uno degli uomini del team, lascio a voi Supporre chi fosse – “Ero convinto che in questi ultimi tempi fosse rimasto a riposo, avesse cercato di recuperare obbedendo ai medici. Invece l’altro giorno mi arriva una sua foto in cui è pieno di lividi e abrasioni che fino alla scorsa settimana non aveva. Ho strabuzzato gli occhi e gli ho chiesto come si fosse ridotto in quello stato. Lui mi ha risposto, ‘Eh, sono andato a fare un giro in bicicletta con Mark e Cal (Cavendish e Crutchlow, ndr), e sono caduto mentre eravamo in discesa…’. Non volevo crederci, gli avevamo raccomandato di stare attento e lui si riduceva così. Ma la cosa inquietante è stata la sua risposta alla mia domanda ‘Sì Jack, ma perché sei caduto? Non potevi stare più attento?‘. Mi ha risposto ‘Mate, I was racing!’ (‘Amico, stavo correndo!’), come se fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo. Vi rendete conto? Da infortunato, da convalescente, da persona che in quel momento si sarebbe dovuta trovare in un letto, ha rischiato di farsi ancora più male solo perché voleva provare a vincere anche una gara in bicicletta con gli amici. Jack, lo ribadisco, è matto”.

Un tipo decisamente eccentrico, questo Jack Miller…





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow