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Rinaldi: “Sono sensibile, le critiche non costruttive mi danno fastidio”





L’Italian Round a Imola del Mondiale Superbike ci ha dato l’opportunità di incontrare Michael Ruben Rinaldi, un ragazzo a cui piace raccontarsi e raccontare quello che lo circonda. Il pilota del team Aruba Ducati ci ha spiegato il suo rapporto con Bautista, l’importanza di avere un coach come Davies e la relazione con la Panigale V4. Il romagnolo ci ha anche parlato di sé e di come reagisce agli attacchi personali.

© Ducati Media House

Fuori Traiettoria: Prima di tutto, come stai Michael? A vederlo da fuori, il botto di Donington non è stato bello.
Michael Rinaldi:
Sto bene. Per fortuna sto abbastanza bene. Dell’incidente non ricordo tutto, per esempio mi ricordo che Sykes stava cadendo, poi basta. Ero per terra con un gran male alla gamba, ho anche alzato la mano per far vedere a casa che stavo bene però la procedura prevede che quando ti vengono a soccorrere, se ti vedono un po’ così ti tengono giù, per precauzione. E per via del casco rovinato c’era paura della botta alla testa. Sono stato fortunato e assistito dai medici in maniera incredibile. Sykes è quello che ci ha rimesso di più. Io ho fatto il possibile per non centrarlo e siamo stati fortunati perché Baz ha preso prima me perché non ha proprio visto la caduta di Tom. Ho fatto un po’ da cuscino.

FT: E qui a Imola, mentre ti facevi visitare, è stato ufficializzato che vi hanno tolto altri 250 giri. Ve lo aspettavate?
MR:
Io l’ho scoperto stamattina che mi ha chiamato mio cugino per dirmelo e non ci credevo. Pensavo a uno scherzo e son andato da Serafino (Foti ndr) che però me l’ha confermato. Non ce l’aspettavamo ed è un peccato. Alvaro vince in sequenza ma perché è superiore a tutti mentre noi altri su Ducati facevamo fatica, semplicemente ora faremo ancora più fatica. Per quanto mi riguarda, Alvaro continuerà a vincere anche con questi giri in meno.

© Ducati Media House

FT: Da un anno non si fa che parlare di fisicità e peso dei piloti. Tu hai avuto due compagni di squadra, Redding e Bautista, molto diversi tra loro da questo punto di vista: quanto ha inciso nel tuo lavoro ai box?
MR: Per qualsiasi pilota avere un compagno fisicamente simile aiuta, perché così la squadra lavora in un’unica direzione. Con Scott avevo e ho un bellissimo rapporto, però non potevamo lavorare assieme per migliorare i problemi della moto. Con Alvaro invece abbiamo un metodo di lavoro unico, perché abbiamo un fisico molto simile, e questo ci permette di andare in un’unica direzione. Si tratta di un vantaggio perché anche come stile di guida non siamo troppo diversi e così quando siamo in difficoltà ci aiuta molto guardare quello che fa lui. Non tanto a livello di set up, perché Alvaro preferisce la moto molto rigida, dura, ma più come guida e linee. A volte capita che anche Alvaro e il suo gruppo guardino noi, per risolvere più velocemente un problema e questo non sarebbe possibile se non fossimo così simili come corporatura.

FT: Il fatto che Bautista sia più grande di te, di 11 anni, è una cosa che ti aiuta? Da tutta la sua esperienza riesci a trarre qualcosa?
MR:
Mi aiuta il fatto che Alvaro sia così veloce ma soprattutto aperto a parlare. Se un pilota è intelligente e sa riconoscere la superiorità del proprio compagno di squadra per trarne vantaggio facendo come una spugna, può solo che crescere. Infatti io mi ritengo cresciuto molto dall’anno scorso in termini di velocità e prestazioni, da un lato grazie al lavoro di Chaz (Davies ndr) come coach, dall’altro grazie ai dati di Alvaro e al dialogo che ho con lui nei box. Questo non sarebbe possibile se mentalmente fossi chiuso e non mi fossi mai messo in discussione. Poi ovviamente vedere Alvaro che vince sempre senza sosta non è facile, soprattutto se io magari torno a casa con uno ‘zero’. Ma si tratta del prezzo da pagare quando sei un pilota del team ufficiale.

FT: Come fa Alvaro a sfruttare meglio degli altri la V4?
MR:
Alvaro è arrivato su questa moto e pare che gliel’abbiano costruita attorno, già nel 2019 anche se poi ha avuto un piccolo periodo di crisi. Tra Alvaro e la Panigale V4 c’è un’alchimia incredibile, difficile da spiegare. Se proviamo ad analizzare i dati, si vede che lui riesce a curvare la moto in meno metri rispetto a tutti noi. Poi sacrifica tanto la velocità a centro curva per dare priorità all’accelerazione, ma poi quando accelera lo fa a moto più dritta così è più performante di tutti noi altri su Ducati, ma consumando anche meno gomma. Col suo stile di guida, Alvaro riesce a risparmiare tanto le gomme ed è in grado di piazzare il giro veloce anche a fine gara dopo una fuga.

© Ducati Media House

FT: E sul rapporto con Davies che ci dici?
MR:
Sono stato fortunato perché con Chaz ho sempre avuto un bellissimo rapporto, e anche lo scambio di sella non ha rovinato la nostra relazione. Quand’è arrivato come coach ha portato qualcosa nel team di veramente importante, soprattutto a me che non ho mai avuto un coach. Assieme siamo riusciti a individuare i punti dov’ero migliorabile e questo mi ha permesso di fare un salto incredibile a livello di performance. Mi restano alcuni punti deboli, per esempio rispetto ad Alvaro sono meno efficace nel pick up e nel far girare la moto in poco spazio. Però grazie a Chaz mi sono avvicinato tanto, secondo me è una bravissima persona ma anche un gran professionista.

FT: Venendo a te, vieni criticato di frequente e spesso in maniera molto poco edificante. Di tutto questo rumore di sottofondo che a volte si crea, te ne accorgi o riesci davvero a isolarti? E come reagisci?
MR:
Noi piloti siamo persone e delle chiacchiere ce ne accorgiamo. Le voci ti spingono a voler dimostrare il contrario il ché è sbagliato perché poi entri in pista e pensi solo a far cambiare idea a qualcuno sul tuo conto. Invece dovresti entrare in pista cercando di essere la versione migliore di te stesso, quindi sta cosa qui ti condiziona un po’. C’è chi è più bravo a gestire i commenti e le critiche e chi è meno bravo, io forse sono tra i meno bravi. Sono una persona sensibile e le critiche non costruttive mi danno fastidio, ma se sono costruttive ben vengano, anche se a farle è gente che non conosco. Così tendo a reagire d’impulso però fondamentalmente ci rimango un po’ male. Ma dai, fa parte della posizione in cui sono. Finché stai in un team privato come quand’ero in Go Eleven ste critiche non ci sono, anzi! Facevo quinto e la gente mi acclamava volendomi sulla moto ufficiale prima ancora di vincere, ora invece faccio quinto e tutti mi vogliono togliere la moto ufficiale. Ma fa parte del gioco, bisognerebbe sbattersene ma non è facile per me.

FT: Sei comunque l’unico ad aver vinto con la Panigale V4 da privato
MR:
Corretto. Sicuramente ne sono orgoglioso, anche se a volte me ne dimentico perché tutti se ne dimenticano…

FT: E lasciando da parte i puri risultati, che bilancio fai della tua stagione finora?
MR:
Sinceramente la moto piace tanto e a livello di velocità sono migliorato abbastanza, anche grazie ad alcune novità che hanno migliorato i punti deboli della moto. Diciamo che a volte mi piace complicarmi la vita perché se guardiamo onestamente quest0anno potevo fare 10/12 podi e invece ne ho portati a casa 5 però, purtroppo, è così. A volte quando provi a fare un po’ di più finisce che fai la cavolata e questo bisognerebbe imparare a gestirlo, ma è sempre l’aspetto più complicato.

© Ducati Media House

FT: Con la V4 rinnovata ti sei trovato bene da subito o è stato necessario qualche giorno di adattamento?
MR
: Abbiamo dovuto lavorarci un attimo, perché si comporta in maniera differente in accelerazione. Però nel complesso è più dolce quindi non ci abbiamo messo tanto. In due test invernali eravamo già più veloci con la 2022.

FT: Vedendoti da fuori, sembra che spendi tanto tempo il venerdì per provare componenti e/o assetti.
MR:
Nell’ultimo anno molto meno che in passato, stiamo seguendo il metodo di Alvaro che nelle libere lui gira tanto e tocca poco la moto. Per questo in inverno abbiamo provato tanto per individuare un set up da toccare poco nei week end di gara. Anche questo nuovo metodo mi ha aiutato a crescere in questa stagione.

FT: Infine, sei con Ducati dal 2018. Dopo tutti questi anni quanto legato ti senti a questo brand? Ti senti di casa in Ducati?
MR: Diciamo che sono dal 2016 con Aruba, mi sento di casa in Aruba.





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Filippo Gardin

The author Filippo Gardin

Padovano classe 1993, ho iniziato a 2 anni a guidare, in quel caso una mini-replica della moto di Mick Doohan e da lì non mi sono più fermato. 2 e 4 ruote, entro e fuori strada e anche pista: cambiano le forme ma sono tutti frutti della stessa passione. Vi racconterò il Motomondiale, con la testa e con il cuore.