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Alfa Romeo Montreal: una foglia d’acero tutta italiana





Se vi steste chiedendo quale sia il posto migliore per tenere la vostra auto, che magari è un modello particolare, al riparo da tutto quel che potrebbe scalfirla o rovinarla, la risposta è semplice: il salotto di casa vostra. Quanto appena detto sembra un’assurdità, eppure è proprio quello che mi è capitato di vedere, pochi mesi or sono, all’interno di una villa alle porte di Roma.

Si sa, con l’università è piuttosto facile fare conoscenze “momentanee”, ritrovarsi ad andare a casa di amici dei tuoi amici, presentarsi lì sul momento e rimanere piuttosto sorpresi da ciò che ci si palesa. E non nascondo che quanto sto per raccontarvi potrebbe tranquillamente rientrare in uno dei classici casi di “urban legends”. Infatti, entrando in questa bellissima abitazione, all’interno di un immenso salone riuscii a scorgere, dietro ad un muro divisorio, delle forme sinuose, marcate, inconfondibili, che giacevano avvolte sotto un telo. Per quanto potesse sembrarmi strano, un lampo di riconoscimento balenò nella mia mente, una sorta di flashback scatenato dalla visione di un unico particolare: la marmitta. Quel fantastico doppio tubo centrale, unico, inconfondibile, di una bellezza che in quel momento mi sembrò esser degna di un quadro di Picasso. Tra me e me iniziai a domandarmi: “Possibile sia lei?”. Al che, mosso dalla curiosità e spinto dalle parole dei miei amici – “C’è un’auto in salotto” – con un mix di stupore, aria da investigatore alla Perry Mason e timore reverenziale, pronunciai la fatidica frase: “Ma è una Montreal?”. C’era quasi soddisfazione negli sguardi un po’ basiti dei padroni di casa che, dopo avermi dato una risposta affermativa, si affrettarono a svelare davanti ai miei occhi, in una sorta di streap tease degno di “9 Settimane e Mezzo”, quel capolavoro italiano in pieno stile anni ’70.

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L’Alfa Romeo Montreal, erede della mitica 33 stradale, venne presentata per la prima volta al pubblico nel 1967, all’Esposizione Universale di Montreal per l’appunto, che ricadeva in concomitanza con il centenario della nascita della Federazione Canadese. L’Alfa Romeo fu l’unica casa automobilistica ad essere invitata – anche per via del grande prestigio di cui godeva nel mercato Nord americano – e per l’occasione portò due prototipi, su base Giulia. Inizialmente dovevano essere utilizzati a soli fini mediatici, ma le crescenti richieste ed il clamore suscitato spinsero la casa del Biscione a rendere la “Montrealine” – così veniva definita all’interno della produzione – molto più che un semplice progetto. Il prototipo venne quindi equipaggiato con il 1.6 litri bialbero della Giulia ma poi, per volere della dirigenza, si passò ad un derivato del Busso utilizzato per la 33 stradale, un V8 che vantava una cilindrata aumentata da 2000 a 2600 cc ma con una potenza specifica che diminuiva, passando da 130 CV/litro a circa 77. 

La fase dei primi test fu piuttosto travagliata per la Montreal. Venne infatti evidenziato un problema di alimentazione con l’utilizzo dei carburatori, con gli ingegneri di Arese che decisero a quel punto di puntare sull’iniezione meccanica Spica. Il design, unico ed inconfondibile, è frutto del Centro Stile Bertone, ai tempi diretto da Marcello Gandini – che alcuni ricorderanno per aver disegnato, tra le altre cose, una famosa Lamborghini -, che dovette modificare leggermente le linee iniziali per far fronte al sovracitato cambio di propulsore, che con una cilindrata diversa richiedeva un maggiore spazio. L’auto, dopo questi accorgimenti tecnici e stilistici, era pronta per poter confermare le premesse mostrate in Canada e per poter essere “la massima aspirazione dell’uomo in fatto di automobili”, stando alle parole pronunciate dai dirigenti Alfa durante la presentazione del ’67.

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La versione definitiva della Montreal, tuttavia, venne presentata solamente al Salone di Ginevra del 1970 con più di una novità sotto la carrozzeria. Era infatti dotata di un motore 2.6, con 8 cilindri a V e posto in posizione longitudinale, capace di erogare 200 CV di potenza massimo ed abbinato ad un cambio ZF a 5 marce invertito abbinato al blocco motore, il meglio che il mercato offrisse e quello che serviva per gestire la poderosa – per l’epoca – coppia della coupé di Arese. La Montreal, infatti, aveva prestazioni degne di nota per il periodo, vantando uno 0-100 km/h in circa 7″ ed una velocità massima dichiarata di oltre 220 km/h. Venne venduta al pubblico per 5.700.000 Lire – che al cambio attuale equivarrebbero a circa 50.000 € -, una cifra che poteva variare aggiungendo o meno degli optional, come ad esempio l’aria condizionata o gli alzacristalli elettrici, elementi che, assieme alla vasta gamma di vernici a disposizione, contribuivano non poco ad aumentare l’esclusività della vettura. 

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Tuttavia, a causa di un telaio rivelatosi inadeguato a gestire motore, peso e prestazioni, la Montreal si dimostrò vittima di un eccessivo rollio in curva, pur riuscendo a non veder troppo compromessa la tenuta di strada e l’impostazione di curva. Altra nota dolente della Montreal fu l’impianto frenante, non propriamente prestazionale seppur, in onor del vero, in linea con le concorrenti dell’epoca. Ma soprattutto, a contribuire in maniera decisiva alla vendita di “sole” 3925 unità di questa coupé del Biscione, fu la crisi petrolifera dell’epoca, che mietette altre vittime illustri nel periodo compreso tra il 1970 ed il 1977, gli anni in cui la Montreal venne prodotta.

E chissà che non sia proprio questa sua “inaspettata” rarità a conferire all’Alfa Romeo Montreal quell’aura di fascino intramontabile che, per me, contribuisce a renderla uno dei modelli stradali sportivi più belli che siano mai usciti dai cancelli di Arese…

Si ringrazia MotorTrend.com per le foto.





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Marco Perziani

The author Marco Perziani

Dal 1991 ossessionato dai motori. Vi parlo di nuove uscite, e narro storie. Tutto esclusivamente a base di cilindri, passione, odor di carburante possibilmente sulle note di un V10 aspirato.