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4 Ruote

Alla scoperta di Dallara: Viaggio nella factory e museo di un’eccellenza italiana





Solitamente ai compleanni si fa festa e, per noi, questa volta festa lo è stata davvero. Per il terzo compleanno della Dallara Academy, abbiamo avuto l’onore di visitare sia la factory che il museo: ecco il racconto di questa giornata speciale, tra avanguardia, innovazione e quella passione per i motori che solo alcune zone del nostro meraviglioso stivale riescono a trasmettere.

È una mattina tranquillissima, che sembra quasi promettere pioggia. Mi trovo di fronte alla sede della Dallara Automobili, un’azienda tra le più all’avanguardia dell’intero mondo motoristico.img_9343

All’interno di queste mura vengono a nascere telai di vetture da competizione come Formula Uno, IndyCar, Formula E, Formula 2, WEC e molte altre. Interamente progettate e sviluppate con le strumentazioni all’avanguardia di cui veramente poche aziende dispongono.

Esattamente, perché Dallara non si occupa solamente di produrre telai, ma offre anche servizi di consulenza e sviluppo per vetture prodotte da terzi.

Il nostro viaggio inizia nell’accogliente hole dell’edificio “Dallara Academy”, dove veniamo immediatamente accolti da una guida, che ci spiegherà molte delle cose contenute in questo articolo.

DALLARA ACADEMY

Le prime stanze che visitiamo sono dedicate all’apprendimento di specifici concetti alla base dell’automobilismo da parte dei più piccoli: attraverso semplici esempi interattivi, il giovane visitatore può venire a conoscenza di concetti di base come il carico aerodinamico, capire come il passo di una vettura ne influenza il comportamento, o più semplicemente fare un giro sui simulatori portando a spasso tra le curve dell’Autodromo di Varano la prima vettura “di serie” prodotta dall’azienda parmense, la Dallara Stradale.laboratori-didattici-large

La cosa che più mi colpisce però è questo modellino da galleria del vento: ne avevo già visti numerosi, ma questo è sezionato e mi permette di ammirare con quanta cura per i dettagli vengano fabbricati tali modelli, interamente prodotti a mano da veri e propri artigiani-artisti, i cosiddetti “modellisti”.

MUSEO

Affacciandosi sul lungo corridoio il colpo d’occhio è nient’altro che stupendo. Costruito con una forma particolare, il pavimento a “vite” è crescente man mano che si avanza nel percorso semicircolare,  presentandosi da splendida cornice per la griglia di automobili che sembrano pronte a prender vita improvvisamente partendo.  Le vetture sono disposte a mo’ di griglia di partenza sotto precisa richiesta dell’Ing. Dallara, tali da rendere una vista unica anche dall’esterno grazie ad un sistema di illuminazione che rende apprezzabili queste vetture icona anche da un qualunque passante. L’ingegner Dallara, con questo, ha sicuramente pensato di fare una sorta di omaggio alle sue terre ed un regalo ai varanesi.img_9357

Il primo mezzo a cui mi trovo di fronte non è però una vettura, bensì la handbike con cui Alessandro Zanardi ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio 2016. La bicicletta fu sviluppata da Dallara, azienda con cui lo stesso Alex ha avuto modo di tessere uno stretto legame di fiducia, tanto da lasciarne le proprie medaglie in custodia alla sede, in cui tutt’ora giacciono. Ne approfittiamo quindi anche per fare un grosso in bocca al lupo ad Alex, uomo dalla enorme forza di volontà, che come ben sappiamo sta attraversando un lento e difficoltoso recupero.img_9358

Subito al fianco della handbike, vi è una bianchissima Lamborghini Miura.
Esattamente: perché una delle prime vetture -se non la prima- su cui lavorò Giampaolo Dallara era proprio la supersportiva di Sant’Agata Bolognese. Interessante è l’aneddoto secondo cui Dallara dovette trovare una scusa per giustificare il proprio licenziamento da Ferrari per approdare sotto la corte di Ferruccio: Giampaolo aveva un legame di famiglia con il Drake, e fu costretto a motivare la propria dipartita dal Cavallino dicendo che sarebbe tornato a fare l’artigiano con il padre. In realtà il passaggio in Lamborghini gli consentì di avere una posizione più centrale nello sviluppo delle vetture, e senza quella piccola bugia raccontata ad Enzo forse non saremo qui a raccontarvi questo viaggio. Chissà.

Mi casca l’occhio inevitabilmente anche sulla Fiat X1/9 retrostante la tanto appariscente quanto elegante Miura. Questo piccolo gioiello a motore centrale, è una delle automobili prodotte dalla Casa torinese che chi sta scrivendo questo articolo apprezza maggiormente. La carrozzeria -inizialmente disegnata da Bertone- presenta uno stile passato, ma senza dubbio ancor oggi affascinante. L’esemplare presente al museo è una delle poche prodotte per quanto riguarda l’elaborazione seguita da Giampaolo Dallara (si parla di circa una decina di esemplari, anche se tutt’oggi circolano innumerevoli repliche che continuano ad animare molte delle gare in salita nel nostro territorio). Questa speciale versione venne presentata nel 1975, debuttando nel Mondiale Marche Gruppo 5 “Silhouette” l’anno successivo, con un motore della stessa cubatura della versione di serie (1290cc) a cui venne modificata leggermente la testata e l’iniezione -curata dalla Kugelfischer- per arrivare a 192 cavalli a 9.700 giri al minuto.img_9367

Ma le similitudini finiscono qui: la X1/9 Dallara, pesa infatti 200 kili in meno dell’originale, presentando sospensioni completamente riviste e svariati miglioramenti sia di carattere meccanico ché aerodinamico. Potete approfondire questa splendida vettura qui.

All’interno della collezione sono presenti anche parecchi altri gioielli (che potete apprezzare sfogliando le foto della slideshow in coda all’articolo) i cui embrioni sono nati proprio a Varano de’ Melegari: dalla Haas VF18 guidata da Grosjean e Magnussen, passando per un’esemplare di Formula E di seconda generazione, una Lancia Beta Montecarlo Turbo del Mondiale Sportprototipi, una Renault RS01, la F3 di Sophia Floersch (sopra cui Sophia in seguito alla convalescenza per l’incidente di Macau venne a fare qualche fotografia, congratulandosi inoltre con alcuni ingegneri Dallara per la sicurezza della vettura), la Cadillac del team Wayne Taylor Racing con cui Fernando Alonso vinse la 24h di Daytona 2019 e per finire con una vettura IRL che vinse la 500 Miglia di Indianapolos nel 1998 con una storia davvero particolare alle spalle.

Eddie Cheever chiese a Dallara di poter avere una vettura per poter correre la Indy 500 all’ultimo minuto, e non avendo risorse economiche sufficienti a coprire totalmente la spesa, lo sponsor principale fornì parecchi bancali dei propri prodotti, ovvero… patatine!

Giampaolo Dallara fece in seguito vendere all’interno dell’azienda tutto il materiale che pian piano finì, riuscendo ugualmente a finanziare la spesa in una maniera tutt’altro che ortodossa.

Appena sopra il museo, vi sono le stanze della Academy, in cui alcuni ragazzi studenti del corso universitario MUNER (Motorvehicle University of Emilia Romagna) seguono lezioni inerenti la dinamica del veicolo e l’aerodinamica.img_9395

In più vi sono alcune stanze adibite a sale riunioni, una in particolare era prenotata da BMW Motorsport, e lascio immaginare a voi quale fosse il motivo di tale riunione inerente a un programma annunciato qualche settimana prima dalla Casa bavarese

FACTORY

Scendiamo al piano terra e passiamo attraverso un lungo corridoio che porta all’ingresso della vera e propria factory: il luogo dove nascono materialmente tutte le scocche in fibra di carbonio che Dallara produce. In questo stabilimento però, non viene prodotto alcun pezzo della vettura varanese -la Stradale-, che viene assemblata all’interno di un secondo stabilimento sempre tra le mura della piccola cittadina adiacente a Parma, ma distante qualche chilometro da dove ci troviamo.

Sfortunatamente in tale area non era consentito scattare troppe fotografie, ma cercherò di descrivervi il meglio possibile ciò che ho potuto apprezzare.

Inevitabilmente mi scappa l’occhio verso la prima stanza alla mia sinistra, che grazie ad una grossa vetrata mi consente di scorgere sui cavalletti una splendida Scuderia Italia del 1990, probabilmente in preparazione per la partecipazione ad un qualche festival.

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Nelle stanze successive vi sono parecchie macchine utensili e strumenti di lavorazione, mentre poco più avanti sono riposte momentaneamente su dei carrelli nel bel mezzo del corridoio delle scocche chiaramente appartenenti a vetture di Formula E, non ancora finite e con il carbonio nudo e ben visibile. Su alcune appena dietro la posizione in cui viene installato il poggiatesta è riportato il marchio Nissan, su altre invece non c’era alcuna indicazione, ma è stato impressionante notare la cura ed il livello di finitura che avevano tali scocche pur non avendo del tutto ultimato i cicli di lavorazione. Mi colpisce anche la giovane età di molti degli impiegati dell’azienda. La guida mi fa sapere che l’età media in Dallara è attorno ai 36 anni. Una “statistica” abbastanza emblematica.

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Dopo aver passato il reparto Haas F1 in cui vengono assemblate le monoposto del team italo-americano, usciamo dalla struttura per dirigerci verso il capannone in cui si trova il simulatore.

Il “ragno” Dallara è uno dei centri di simulazione più sofisticati d’Europa: la scocca sorretta dagli attuatori idraulici è intercambiabile, in modo che si possa simulare il meglio possibile tutti i tipi di vetture prodotte e anche oltre.  simulatore_3-large

Nel software vengono inserite tutte le tavole cinematiche, i dati dei carichi aerodinamici e molte atre informazioni caratteristiche della vettura che si desidera simulare. Dallara offre anche il noleggio a terzi di tale struttura, che dispone di una quantità di tracciati, scenari, e auto simulabili davvero ampia.

All’interno del capannone vi sono i piloti Haas a preparare il weekend del GP di Russia. Spesso i piloti il martedì si ritrovano in sede a Varano per poter preparare assetti e abituarsi ai circuiti.

Arriviamo poi all’edificio sul retro, che fu il primo costruito appena nata l’azienda: la guida mi indica l’auto con cui l’Ing. Dallara tutti i giorni si reca al lavoro e torna a casa (ad 85 anni suonati), per ultimo. “Perché l’azienda l’ha fondata lui, ed è convinto che nessuno abbia il dovere di restare in fabbrica fino a chiusura, se non chi proprio quell’azienda l’ha fondata, chiosa la guida.

Si chiude così una giornata tanto interessante quanto emozionante, che fa percepire quanto caparbietà, tenacia, determinazione e tanto talento, possano dar vita a realtà di questo calibro, capaci di creare auto incredibili, formare giovani appassionati e contribuire ad alimentare il fuoco della Terra dei Motori.

Clicca sulle immagini per sfogliare la gallery completa del tour!





Tags : Dallaraf1FactoryMuseowec
Christian Falavena

The author Christian Falavena

Classe '99, appassionato di tutto ciò che va forte e fa rumore, introdotto alla passione per le 4 ruote dal padre. Seguo il mondiale di Formula Uno dal 2007, leggo e scrivo di tecnica dal 2017. Musicista a tempo perso e già perito meccatronico industriale, ora aspirante ingegnere meccanico presso l'Università degli Studi di Ferrara, in cui sono Team Leader nel programma Formula Student.