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Con 5,3 milioni di esemplari venduti dalle precedenti quattro versioni, la quinta generazione della Suzuki Swift raccoglie un’eredità commerciale parecchio pesante. Sin dal momento della sua presentazione, avvenuta nel corso del Salone di Ginevra di quest’anno, la piccola di Hamamatsu ha sempre saputo di dover replicare, in misura ovviamente proporzionale, i successi delle sue antenate. E per riuscirci ha adottato una strategia tanto semplice quanto efficace: ha dato uno sguardo al futuro tenendo però per mano il passato. 

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E questa sua tendenza a voler quasi rimanere sospesa tra due mondi così antitetici la si nota anche solamente dando uno sguardo al suo aspetto esteriore. La nuova Swift infatti, nonostante presenti evidenti differenze stilistiche rispetto alla versione andata recentemente in pensione, riesce comunque a ricordarne le forme principali. La linea del tetto, quella della coda, i passaruota bombati: tutto è inconfondibilmente Swift. Eppure, come vi accennavo, i dettagli rispetto alla versione precedente cambiano, eccome se cambiano. La nuova Swift, innanzitutto, vanta un corpo macchina più corto, più basso e più largo: il risultato è che ci si ritrova ad osservare un’auto che appare ben più piantata a terra di quanto non lo fossero le sue antenate, con un’impressione di maggiore dinamicità che è confermata anche dalla nuova calandra, ora più ampia ed aggressiva, dalla presa d’aria più pronunciata e dalla forma più muscolosa del paraurti anteriore. Ad abbassare visivamente il baricentro della nuova Swift ci pensano poi i montanti colorati di nero, che creano una sorta di effetto “tetto sospeso”, e le forme del paraurti posteriore, anch’esse leggermente più pronunciate rispetto al passato. Sulla versione S che ho avuto modo di provare – che rappresenta sostanzialmente il top di gamma – a completare quello che è un look esteriore piuttosto grintoso ci sono la griglia anteriore simil-nido d’ape, il listello rosso fiammante incastonato proprio nella griglia, i cerchi bicolore satinati da 16″, la scintillante vernice “Blu Azzorre” metallizzata ed i nuovi gruppi ottici, con luci di posizioni e fari a LED all’anteriore e stop a LED al posteriore, lì dove forse preferivo la versione precedente per via di un taglio dei fari più personale e meno “standardizzato” allo stile della maggior parte delle Segmento B attualmente in circolazione.

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La differenza più netta, tuttavia, la si percepisce una volta saliti a bordo della nuova Swift, un’auto che da questo punto di vista ha davvero poco in comune con le sue antenate. Ci si cala nell’abitacolo e si è subito colpiti dai sedili, che sono comodi, foderati con un tessuto di buona qualità e riscaldabili elettricamente: sulla versione S, che fa mostra di velleità vagamente sportiveggianti, forse si sarebbe potuto sagomarli un pochino di più, ma stiamo veramente parlando di dettagli. Molto bello è poi il volante a tre razze, con una corona dal giusto spessore, un diametro contenuto e persino con la parte inferiore appiattita, a conferma di come la Swift S voglia apparire vivace ai suoi acquirenti. I comandi posti sulle due razze laterali danno accesso all’immenso mondo nascosto nello schermo multifunzione: è piccolo, ma è una miniera di informazioni e permette di spaziare dai dati sul consumo, la ricarica della batteria – tranquilli, di questo parlerò tra poco – ed il tempo trascorso in viaggio ad una telemetria in tempo reale sull’utilizzo di acceleratore e freno, ad un accelerometro per valutare la Forza G e a degli indicatori digitali per l’utilizzo della turbina e l’erogazione della coppia. Dal sapore molto Need For Speed, visti i diversi dettagli retroilluminati con LED rossi, è poi il cruscotto analogico, mentre figlio della nuova generazione di sistemi multimediali è il grande schermo multifunzione touchscreen da 7″ incastonato al centro della plancia, razionalizzata al massimo, inclinata di 5° verso il guidatore per facilitarne l’utilizzo e nella quale trovano posto anche i comandi del clima automatico. Compatibile con i sistemi Apple CarPlay ed Android Auto, si collega al vostro smartphone tramite Bluetooth, cavetto USB o presa AUX ed offre quattro modalità d’utilizzo principali: Ascolta (che permette di ascoltare la radio), Chiamata (e qui non serve che io vi spieghi a cosa serva), Guida (le funzioni del navigatore, piuttosto preciso e rapido nel ricalcolo degli itinerari) e Connect (per fare il pairing con i vostri cellulari). Quello messo a punto da Suzuki è un sistema parecchio valido, con una buona responsività al tocco, la possibilità di utilizzare anche i comandi vocali ed una buona risoluzione: nel complesso, sembra appartenere ad un’auto di categoria superiore. Piacevoli al tatto sono poi le plastiche utilizzate, mentre i pochi comandi fisici presenti nell’abitacolo non presentano particolari giochi, ma va pur detto che l’auto provata aveva davvero pochissimi km alle spalle.

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La nuova Suzuki Swift è omologata per 5, ma ci si sta sicuramente più comodi in 4. Di certo però lo spazio a bordo, rispetto alla versione precedente, è aumentato: il trucco, viste le dimensioni esterne rimaste pressoché invariate (la Swift è lunga 3.840 mm, larga 1.735 ed alta 1.480), sta nell’allungamento del passo – ora portato a 2.450 mm – che ha permesso di ricavare più spazio per gli occupanti. I risultati sono tangibili, e l’abitabilità della nuova Swift nel complesso è buona: io sono alto poco più di 1,80 m, e sedevo comodamente sia davanti che dietro. Forse leggermente troppo alto, vista l’impressione di dinamicità data esteriormente, è il posto guida: si vede che è pensato per una fruibilità massima e per un utilizzo tutt’altro che sportivo del mezzo, ma cozza un po’ con quella che sembra essere l’anima sbarazzina della nuova Swift. E’ troppo…cittadino, ecco. In linea con la concorrenza è poi la capacità del bagagliaio, che offre 265 l di carico con i sedili posteriori in posizione normale e 579 l con il divanetto posteriore totalmente reclinato.

Quindi, ricapitolando: finora abbiamo un aspetto esteriore che è il giusto mix tra richiami al passato e novità stilistiche ed un abitacolo che è invece tutto votato all’innovazione ed al reciso taglio con le generazioni precedenti. A questo punto, per rendere la 5^ generazione della Swift un punto di incontro tra ciò che è stato e ciò che sarà, serve dunque qualcosa che richiami nettamente le antenate della piccola di Hamamatsu: e quel qualcosa è il comportamento su strada.

La Swift, in particolar modo nella versione attualmente in commercio, ha saputo conquistare il cuore degli automobilisti grazie alla sua agilità, alla sua maneggevolezza, alla sua capacità di districarsi bene tra le spire del traffico cittadino senza però tirarsi indietro quando si decideva di osare un pochino di più. E la quinta generazione della piccola di Hamamatsu ha decisamente raccolto il testimone della sua recente antenata, ricopiandone – e in alcuni casi migliorandone – le principali caratteristiche, che vengono fuori a seconda del luogo in cui si decide di utilizzare la nuova Swift.

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In città, ad esempio, la sua manovrabilità l’ho trovata esemplare. Il raggio di sterzata della quinta generazione è ulteriormente ridotto rispetto a quello della quarta, e sono stato piacevolmente sorpreso da uno sterzo che riesce ad essere allo stesso tempo molto morbido e molto preciso. Sgusciare via da qualsiasi situazione urbana è stato uno scherzo con la nuova Swift, che ad un ottimo sterzo unisce un pedale della frizione leggerissimo e dei freni sempre pronti ad arrestare in fretta la vettura, che vanta un peso ulteriormente ridotto grazie all’utilizzo della nuova piattaforma HEARTECT. La visibilità è adeguata in qualsiasi situazione, e sono riuscito ad apprezzare persino i numerosissimi sistemi di assistenza alla guida dai nomi fantasiosi (“Restasveglio” per il rilevatore di stanchezza del conducente, “Attentofrena” per la frenata di emergenza, “Guidadritto” per il Lane Assist…), efficaci pur non risultando troppo invadenti. Si ha quasi la sensazione di fluttuare sull’asfalto, quando si guida la nuova Swift: grazie ad un corpo vettura che ora è arrivato a pesare solamente 840 kg – per un peso in ordine di marcia che per la versione S è di poco superiore alla tonnellata – , la piccola Suzuki riesce a trasmettere una sensazione di leggerezza che permette di godersi anche la guida in città, complice anche l’erogazione particolarmente fluida del motore che anche a freddo non mostra alcun tipo di incertezza. Se quindi in città la Swift non ha fatto altro che confermare le mie aspettative, è stato però quando ho puntato il suo muso verso le tortuose stradine che costellano le colline dell’entroterra abruzzese che ha deciso di stupirmi davvero.

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Perché sì, un motore turbo a benzina con soli 3 cilindri, 998 cc, 112 CV di potenza massima a 5.500 rpm e 160 NM di coppia massima da 2.000 a 3.500 rpm non è esattamente un mostro di cattiveria. Però quello stesso motore Boosterjet – una novità sulla gamma Swift -, unito al sovracitato peso piuma dell’auto e ad un piccolo propulsore elettrico in grado di fornire 10 NM di coppia aggiuntivi, è in grado di rendere la Swift quantomeno…scattante. Decisamente più scattante di quanto mi aspettassi una volta seduto dietro al volante. Grazie alla nuova tecnologia SHVS (Smart Hybrid Vehicle by Suzuki), la giapponesina tra le curve è briosa: i 10 NM di coppia motrice generati dal piccolo motore elettrico – dotato della più classica delle batterie agli ioni di litio, che si ricarica nelle fasi di decelerazione dell’auto – sono utilissimi infatti a minimizzare il turbo lag, e pur non avendo a disposizione potenze mostruose la nuova Swift, per le dimensioni che ha, esce piuttosto veloce dalle curve. Talmente veloce da far quasi sembrare dei difetti quelli che nella giungla urbana avevo considerato dei pregi: la piccola Suzuki, tra le curve di un misto stretto o di un misto veloce, è divertente al punto da farmi improvvisamente desiderare uno sterzo un po’ più duro – è sì progressivo, ma non tanto quanto mi sarebbe piaciuto -, così come un pedale della frizione un pochino più pesante, un assetto leggermente più rigido ed un cambio più preciso negli innesti, che ho trovato molto “pastosi” anche in utilizzo cittadino. Tutto quello che sostanzialmente la versione Sport della nuova Swift, presentata poche settimane fa nel corso dell’IAA di Francoforte, promette di avere. Perché gli uomini Suzuki lo sanno bene che la loro piccolina ha bisogno di qualche altro accorgimento per far fruttare al meglio l’altro asso nella manica che ha in serbo per far divertire: le sospensioni posteriori a barre di torsione con molle elicoidali. Un sistema forse dalla concezione datata, se confrontato con il più moderno schema MacPherson che trova posto all’anteriore, ma che è ancora capace di essere efficace una volta montato su un’automobile come questa.

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Nonostante la Swift sia infatti a trazione anteriore con una discreta tendenza al sottosterzo – ma è disponibile anche la versione AWD con il sistema ALLGRIP AUTO -, in caso di repentini trasferimenti di carico all’avantreno l’auto avrà, quasi a sorpresa, una tendenza al…sovrasterzo. Il retrotreno della piccola Suzuki infatti, grazie al sopracitato sistema di sospensioni, tende ad allargarsi piuttosto spesso quando si decide di forzare un po’ la mano: avrete quindi la possibilità di “spigolare” la vostra traiettoria ed uscire così il più dritti possibile dalle curve, pronti per sfruttare al massimo i sempre volenterosi 112 CV messi sul piatto dal piccolo Boosterjet, propositivo ma anche piuttosto parco nei consumi (oltre 15 km/l con un utilizzo…vivace). Qualora invece voi vogliate andare in surplace, non temete: la Swift sa essere stabilissima, soprattutto nei lunghi curvoni di percorrenza dove l’andamento piatto dell’auto permette di correggere la traiettoria con movimenti impercettibili dello sterzo.

Ed ora sì che dunque il nostro quadro è completo: le linee esteriori che rimandano al passato, l’abitacolo che rimanda al futuro ed un comportamento su strada che si rifà al presente, addirittura migliorandolo. Un equilibrio armonioso, che ho trovato molto nipponico e che riesce a rendere la quinta generazione della Swift un’auto nuova senza però stravolgerne quelle peculiarità che l’hanno resa un best seller per il marchio di Hamamatsu. Che punta a conquistare ancora milioni di automobilisti grazie ad un modello che ha saputo rinnovarsi profondamente pur rimanendo, inconfondibilmente, se stesso.

A partire, nel caso della versione S con il 1.0 Boosterjet e la tecnologia SHVS, da 18.800 €.





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow