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Autobianchi Bianchina, l’auto del ragionier Fantozzi





Maltrattata, bistrattata, messa in ridicolo. Eppure è così dannatamente iconica l’Autobianchi Bianchina. Probabilmente la maggior parte delle persone, vedendola, identificano la piccola vettura come l’auto di Fantozzi. Perché sì, il ragioniere ha avuto forse il merito di renderla immortale, ma allo stesso tempo ha annichilito lo scopo del progetto iniziale, che pensava la Bianchina come auto di lusso da affiancare alla popolare e proletaria Cinquecento.

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Una sorta di figura per apparire ricchi senza esserlo, legata a doppio filo durante le pellicole a questa immagine del ragioniere, archetipo dell’italiano medio. Un’auto utile quindi per andare in gita al lago con una barca sulla capote oppure per raggiungere Capri in circa 11 ore – al massimo 11 ore e quaranta -, ma anche per lanciarci una lavatrice per festeggiare il capodanno secondo l’ora illegale del maestro Canello o molto più semplicemente per chiedere ad un palo se fosse assicurato o no dopo un sinistro. Paolo Villaggio la descrisse come Una macchina molto meno alla moda della 500, una macchinetta tragica”  stile “vorrei ma non posso” “che non avrebbe mai avuto la possibilità di diventare un mito anche perché dietro non aveva la potenza pubblicitaria e di marketing della Fiat”. Eppure, nonostante ciò, le scene che l’hanno vista protagonista nei film del ragioniere hanno fatto sì che in una classifica internazionale specializzata la Bianchina occupi il quarto posto come “auto icona del Cinema” battendo persino la Batmobile o la Gran Torino presente nell’omonimo film di Clint Eastwood.

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Partendo per gradi, la Bianchina fu un progetto congiunto della “Fabbrica automobili e velocipedi Edoardo Bianchi”, che per rilanciare il marchio dopo il secondo conflitto bellico mondiale chiese l’aiuto di Fiat e Pirelli. I due colossi non dovettero riflettere molto sull’offerta, perché l’operazione avrebbe comportato la scissione della divisone auto da quella bici – tra l’altro famosa per aver realizzato quella di Fausto Coppi – con lo scopo di salvare la fabbrica. Tutto ciò dava la possibilità a Pirelli di incrementare le forniture di pneumatici e a Fiat di cimentarsi in fasce alternative di mercato senza alterare il suo marchio.

La Bianchina fu presentata al pubblico nel 1957 al Museo della Scienza e della Tecnica a Milano come versione di lusso della Fiat – un po’ come quello che accade oggi tra Toyota e Lexus -, con il giornalismo dell’epoca che la decantava come auto della domenica, al contrario della 500 descritta come auto da tutti i giorni. Con la Cinquecento la Bianchina condivideva sia telaio che meccanica, differendo poi nelle linee – la prima versione detta Trasformabile aveva una carrozzeria a 3 volumi – che avevano un tratto un po’ americano con pinne posteriori, cromature e tetto apribile in tela, come a voler ricordare una piccola Cadillac o una minuta Chevrolet. Il motore era un bicilindrico da 479 cc, con singolo carburatore, raffreddato ad aria e posizionato in posizione posteriore, in grado di erogare una potenza che nell’arco della storia della vettura passò da 15 a 21 CV, in linea con l’aumento della cilindrata che nel 1960 toccò quota 499,5 cc. Anche la velocità massima crebbe, e si passo dai 90 km/h delle prime versioni fino agli oltre 105 km/h delle ultime. Il cambio invece era a 4 marce con primo e secondo rapporto non sincronizzati – ciò comportava la famosa “doppietta”, tecnica per scalare o salire di marcia senza “grattata” del cambio. La trazione infine, come per la sorella made in Fiat, era posteriore.

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Agli albori, appena subito dopo il lancio, la Bianchina aveva vendite superiori rispetto alla 500 – nonostante fosse più cara di circa il 15% -, frutto probabilmente della possibilità di rateizzazione per l’acquisto ed anche dello spirito di auto lussuosa infuso attraverso il marchio e le migliori finiture che finirono per ingolosire gli acquirenti, specialmente quelli Milanesi. Complice di questo successo la gamma venne ampliata con la versione Decappottabile e Panoramica nel 1960, nel 1962 con la berlina 4 posti dotata di tetto chiuso – che sostituì la Trasformabile nei listini – e nel 1965 fu anche oggetto di un piccolo restyling e cambio di propulsore – venne adottato il motore tipo F con modifiche dei vari componenti. La Bianchina verrà prodotta fino al 1969, per poi essere rimpiazzata dalla A112.

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Credo che la Bianchina non abbia avuto i giusti riconoscimenti, con quel suo stile da utilitaria “snob” o per meglio dire alla moda che le apparteneva. Sacrificio giusto e legittimo a favore della gloria eterna? Sì, il personaggio ed il contesto hanno effettivamente creato una sorta di alone mistico trasmutandone addirittura il nome – capita spesso e volentieri di sentirla nominare come “l’auto di Fantozzi” – ed anche la sua destinazione nell’universo dell’automobilismo. Di certo se oggi mi dovesse capitare di vederla ad un angolo della strada, mi verrebbe da sorridere e da guardarla con “simpatia” pensando che, anche in versione blindata con sei tonnellate di sovraccarico ed annesso anziano metronotte al seguito, a me piacerebbe lo stesso. L’unica cosa in cui spererei, semmai, sarebbe di non ritrovarmi con lei in coda all’altezza delle famigerate catacombe di Cecilia Metella…





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Marco Perziani

The author Marco Perziani

Dal 1991 ossessionato dai motori. Vi parlo di nuove uscite, e narro storie. Tutto esclusivamente a base di cilindri, passione, odor di carburante possibilmente sulle note di un V10 aspirato.