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Montezemolo: “Non vorrei vedere la Ferrari esultare per un terzo posto. I piloti? Ultimo dei problemi”





Luca Cordero di Montezemolo, prima direttore sportivo e poi a lungo presidente della Ferrari, si è raccontato al Festival dello Sport di Trento, tra ricordi gloriosi di una vita legata indissolubilmente al Cavallino Rampante e considerazioni a proposito della Ferrari e della Formula 1 del presente.


© Michele Lotti – Archivio Ufficio Stampa PAT

Una vita ricca di sfide e soddisfazioni quella di Luca Cordero di Montezemolo, imprenditore e dirigente tra i più noti e di successo nella storia del nostro Paese, intervenuto oggi a Trento, in occasione del Festival dello Sport, organizzato da Gazzetta dello Sport e Provincia di Trento. Ha a lungo ricoperto ruoli di spicco in grandi realtà ed aziende, tra cui Confindustria, Fiat, Alitalia, Italo, ma la sua immagine e la sua carriera sono da sempre legate a doppio filo con il mondo dello sport. A capo del comitato organizzatore dei mondiali di calcio tenutosi in Italia nel ’90, Montezemolo ha però da sempre intrecciato la propria storia con quella di una delle principali realtà sportive del nostro Paese, la Ferrari, con la quale ha vinto 19 titoli mondiali.

I suoi primi passi in Formula 1 risalgono addirittura al 1973, quando viene scelto per ricoprire il ruolo di direttore sportivo e responsabile della Squadra Corse del Cavallino: “Enzo Ferrari mi affidò un ruolo come quello di direttore sportivo quando avevo solo 25 anni: ebbe il coraggio di puntare su un giovane, una decisione inconsueta al tempo. Gli devo tantissimo, ha creduto in me e nel 2000, quando ero presidente, il primo pensiero dopo aver riportato il titolo a Maranello dopo molti anni, è stato per lui. Spero di averlo reso orgoglioso.” Sotto la sua gestione Montezemolo regala alla Ferrari 3 titoli costruttori e 2 titoli piloti, nel 1975 e nel 1977, anno in cui lascia la Formula 1 per unirsi al Gruppo Fiat. Due titoli piloti conquistati dal compianto Niki Lauda: “Niki è stato uno degli amici più cari della mia vita. L’ultima volta l’ho sentito 4 giorni prima della sua scomparsa e aveva già una voce molto provata. Abbiamo cominciato insieme da giovanissimi in Ferrari, lui pilota io DS, e insieme abbiamo vinto due titoli e ne abbiamo perso uno per mezzo punto. Quando tornai in Ferrari come presidente nel 1991 ero convinto di sapere tutto di Formula 1, ma dal mio primo addio era molto cambiata. Mi chiedevo perchè la Ferrari non vincesse un titolo dal 1979 e per darmi una mano a trovare le risposte chiesi aiuto a Niki, in qualità di consulente.”

Un ritorno in Ferrari in qualità di presidente, carica ricoperta dal 1991 al 2014, culminato con la conquista tra il 2000 e il 2004 di 5 titoli mondiali consecutivi con Michael Schumacher. Ma chi era “Schumi” per Montezemolo? “Schumacher in realtà era una persona meno forte di quanto poi non apparisse. Era un pilota veloce, coraggioso e in gara credo che pochissimi nella storia siano stati in grado come lui di siglare giri così martellanti con costanza. Ebbe due grandi meriti: era uno straordinario uomo squadra e con lui si vinceva e si perdeva insieme, mentre molti altri piloti non sono così. L’altro merito è la disponibilità: quando nel 2009 Massa ebbe l’incidente e fummo costretti a cercare un sostituto, io chiamai Michael. Quando venne nel mio ufficio gli li chiesi di tornare a correre temporaneamente per noi e, dopo mezz’ora in cui mi elencò tutti i motivi per cui non aveva intenzione di ritornare a correre, mi disse: “Ok, mi hai convinto. Non posso non darvi una mano. Ci sono”. Facemmo quindi alcuni test al Mugello con una vettura dell’anno precedente e fece ottimi giri, ma quando andava sui cordoli sentiva un leggero fastidio al collo, probabilmente a causa del primo incidente serio che aveva subito in moto e che gli causò problemi alle vertebre. Decise quindi di farsi visitare dal suo medico e la sera mi chiamò piangendo perché questo non gli diede l’ok per correre a causa della vertebra, che non era ancora guarita a sufficienza. Poi quel furbo di Ross Brawn lo convinse l’anno successivo a tornare scegliendo Mercedes”.

Ma cosa rendeva Michael così speciale? “Aveva tre cose in più degli altri: la preparazione fisica, tanto che fu il primo pilota a introdurre scientificamente un certo tipo di preparazione fisica, che gli permetteva di registrare in gara praticamente 70 giri di qualifica. Era, come detto, un uomo squadra, che lavorava, come Lauda, in perfetta simbiosi con ingegneri e meccanici. E tre: era un pilota che viveva per il suo lavoro. Un pilota così nella storia della Ferrari non c’era mai stato.

Un’epopea, quella di Schumacher, costruita su un vero e proprio Dream Team tecnico, assemblato proprio da Montezemolo. E proprio su quanto serva per costruire un team vincente Montezemolo ha indicato gli ingredienti necessari per la ricetta perfetta: “Servono tanto lavoro e due presupposti: chiarezza di obiettivi, quindi essere consapevoli di dove si vuole arrivare, e mettere insieme gli uomini migliori per quegli obiettivi. Io ho sempre aggregato persone più brave di me. Da Enzo ho imparato due cose: guardare sempre avanti senza arrendersi e restare focalizzati sul lottare di più quando si vince di quando si perde. Il lunedì dopo una vittoria serve essere ancora più precisi, attenti, esigenti, rispetto a quando si viene da una sconfitta, dove è più facile reagire. Non sedersi sugli allori dopo una vittoria è ciò che davvero fa la differenza“.

Un Dream Team che vide alla guida il francese Jean Todt: “Quando tornai in Ferrari volevo un Team Principal che non si comportasse da mercenario, che fosse un buon capo. Fu Bernie Ecclestone a consigliarmi di prendere Todt. La prima volta che lo incontrai commise un grave errore: venne a casa mia in Mercedes. “Questo è matto, ci provoca” pensai, ma lo assunsi lo stesso. Poi cercai un direttore tecnico, rifacendomi all’organizzazione degli anni ’70 e guardando anche come erano organizzati altri team. Noi fummo bravi a fare squadra, cercando in prima persona di essere un presidente molto partecipe nelle attività del team, forse anche perché conoscevo bene la Formula 1. Poi avevo Todt come Team Manager, Ross Brawn come direttore tecnico, Rory Byrne come progettista, Domenicali come numero due di Todt. Professionisti di livello assoluto. Se vedo la Ferrari oggi penso che abbia una organizzazione anomala rispetto agli altri team, dove quasi tutti hanno figure e ruoli ben definiti”.

E proprio sull’attuale situazione in casa Ferrari ha proseguito l’ex presidente del Cavallino: “Io credo che l’ultimo problema della Ferrari oggi siano i piloti. Piuttosto non vorrei vedere una Ferrari che esulta per un terzo posto, che io vivevo come una sconfitta, ma preferirei veder esultare per vere vittorie e vedere una vettura in grado di lottare per il titolo fino all’ultima gara, cosa che non accade da parecchi anni ormai. Nella mia carriera ho vinto tanti titoli e tanti ne ho persi all’ultima gara, come accaduto con Massa ed Alonso. Sono convinto però che sia fondamentale arrivare in fondo per giocarsela e costruirsi la possibilità di lottare fino all’ultimo essendo competitivi”.

Mai come in tempi recenti la Formula 1 sta vivendo un’ondata di popolarità travolgente. Da un calendario sempre più fitto, ad una presenza mediatica sempre più d’impatto, la Formula 1 è oggi uno degli sport più seguiti del pianeta. A Montezemolo piace questa moderna Formula 1? “La F1 di oggi è bella perché c’è una nuova generazione di piloti veloci e pieni di talento, come ha recentemente mostrato Piastri, anche se al momento di questa generazione non fanno parte piloti italiani. Mi piace il fatto che finalmente anche negli Stati Uniti ci sia interesse ed attenzione verso la Formula 1. Mi piace Verstappen, che è un pilota di altissimo livello e quando ho visto il suo ultimo giro nelle qualifiche a Monaco, quest’anno, ho pensato “Io nella mia vita non ho mai vista una cosa simile“. Ciò che non mi piace invece sono i regolamenti attuali, parecchio complicati, e non mi piace dov’è oggi la Ferrari.





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Martin Fedrizzi

The author Martin Fedrizzi

Classe 2001. Da sempre appassionato di sport, intrattenimento e parole mi impegno per raccontare storie ed emozioni dentro e fuori la pista.