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Sono mesi che con i ragazzi di Fuori Traiettoria ci interroghiamo se valga la pena o meno salvare la Lancia. Mesi che discutiamo su quale sia la scelta migliore per un marchio che ha fatto la storia dell’automobilismo. Ogni volta le nostre opinioni da appassionati si sono dovute scontrare con la realtà dei fatti. Una realtà dura da digerire, che sta nell’appeal che il marchio ha perso nei confronti del mercato in favore dei competitors stranieri. Ed allora vertendo su questo concetto di base ci siamo più volte interrogati sui possibili scenari con un’unica certezza, lo stato di abbandono in cui versa il marchio. Ma vale la pena salvare Lancia?

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Il mercato dice no. Il cuore dice sì. Si può arrivare ad un compromesso? Crediamo di sì. La storia della Lancia è travagliata, senza andare nello specifico con modelli che hanno fatto la fortuna o meno del marchio. Ci sono stati due eventi su tutti – concentrandoci dal dopoguerra ad oggi – che hanno contribuito in negativo alla storia del marchio: il primo è legato alla morte del due volte campione del mondo Ascari, che nel 1955 perse la vita a Monza provando la Ferrari 750S del suo amico Castellotti. La morte del pilota della D50 sconvolse totalmente Gianni Lancia – nella cui testa già balenavano idee di cessione dati i risultati economici non incoraggianti – e lo convinse definitivamente ad abbandonare l’azienda che portava il suo nome. Il secondo accadde negli anni ’80, e riuscì a nuocere gravemente alla reputazione internazionale della Lancia, visto che i problemi di ruggine costrinsero l’azienda a ricomprare le auto dai proprietari in Inghilterra. Nonostante ciò gli anni ’80 si chiusero con risultati soddisfacenti – complice lo strapotere nei rally – ma i ’90 furono una vera e propria debacle con modelli che furono dei flop. Nel 2000 si provò un rilancio – ottenendo però risultati esigui – ed oggi? Oggi il marchio è quasi sparito.

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Ma dopo aver detto ciò è ancora possibile salvare la Lancia? Sembra come se il fato, con eventi catastrofici, abbia dovuto accanirsi su di lei, come se tutto fosse già scritto. Ma noi al fato ci crediamo poco – o meglio, lo lasciamo agli antichi e all’oracolo di Delfi – e quindi sì, siamo convinti che sia possibile salvarla. Certo, guardando la situazione i numeri non sono dalla nostra ma c’è un mercato in espansione che in FCA ancora nessuno ha vagliato. “Quale?” direte voi, giusto? Nel caso non vi sia ancora venuto in mente ve lo diciamo noi: il mercato è quello dell’ibrido e dell’elettrico. Ok, sappiamo qual è la prima reazione, e speriamo di non aver causato a nessuno qualche tipo di infarto. Pensate, rifletteteci, e più ci ragionate sopra e meno risulta un’idea malvagia. O almeno, questa è stata la reazione per noi.

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In FCA ancora nessuno si è affacciato in questa direzione, e figli dell’ottima esperienza di valorizzazione del marchio Alfa Romeo, perchè non sfruttare i progetti della Casa di Arese visto l’ottimo lavoro effettuato? La nostra idea parte da un modello per attirare l’attenzione del grande pubblico e si chiama Stratos. Ci fu già un progetto, ma questo – almeno nei nostri pensieri – ha una maggiore potenzialit à in termini economici. E poi sì, il sol nome scalda il cuore – lo sappiamo – oltre al fatto che la fattibilità, almeno su carta, ci sarebbe. Il modello di partenza è la 4C – da cui sfruttare le enormi potenzialità – poichè dal punto di vista tecnico, modificare o rettificare il monoscocca in carbonio della 4C realizzato in collaborazione con Dallara è estremamente fattibile. Al monoscocca infatti sono attaccate delle strutture in acciaio anteriormente, con la funzione di assorbire l’energia in caso di urto, superiormente, con funzione di roll bar, e posteriormente, con funzione di ospitare il motore. Quindi non si dovrebbe apportare alcuna modifica alla complessa culla in oro nero, ma solamente sviluppare la struttura in alluminio posteriore per ospitare un nuovo motore. Che potrebbe essere non più il 1750, bensì il 2.0 Turbo presente sulla Giulia Veloce da 280 CV.

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Facendo un salto nel passato, la prima Stratos era dotata di un V6 di derivazione Ferrari, quello della Dino a voler essere precisi. Ora, un V6 Ferrari sarebbe disponibile, visto che equipaggia l’attuale Giulia Quadrifoglio, ma andando nel concreto una sua sovrapproduzione è difficile da mettere in pratica a meno che non si deleghi la sua produzione ad un azienda esterna specializzata. Come si fece per la Lancia Thema 8.32, il cui otto cilindri era sì progettato dalla Ferrari, ma appunto per non intasare le linee produttive si optò per farlo costruire dalla Ducati. Non potendo percorrere questa strada, risulta quindi più praticabile l’utilizzo del 2 litri 4 cilindri turbo in alluminio. La questione però non finisce qui. L’idea sarebbe infatti quella di abbinare al lavoro del motore termico quello di 2 motori elettrici da almeno 40 Kw  – da collocare sull’asse anteriore, sfruttando l’inutilizzabile vano anteriore per posizionare parte della componentistica ibrida – di modo tale da poter ottenere una potenza finale di circa 400 CV. La giusta potenza, con un peso assai ridotto – come offre la base 4C -, in modo da avere un rapporto peso potenza difficilmente eguagliabile. A completare il progetto ci sarebbe una nuova carrozzeria, disegnata seguendo i concetti stilistici della sua antenata Stratos adattati ai canoni attuali – un po’ come avvenne qualche anno fa. I costi di realizzazione di un modello del genere sarebbero comunque contenuti, essendo per lo più già sostenute nei progetti esistenti le spese di sviluppo non da zero. La disponibilità sul mercato sarebbe in tiratura limitata, come un esercizio di stile o se preferite un eco di richiamo proveniente dalla palude. E noi francamente in questo ci vediamo solo del bene.
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Il secondo punto della nostra analisi riguarda le city car ed i Suv compatti. Perchè con i blocchi del traffico che scandiscono le giornate nelle grandi città e le normative europee e dei singoli Paesi pronte ad attuare ulteriori restringimenti – specialmente nei paesi del Nord Europa – per la circolazione dei veicoli a carburante fossile, avere due auto che abbracciano quest’ottica dell’Hybrid ci pare una scelta oculata. La Ypsilon – nella nostra visione d’insieme – sarebbe addirittura in versione full-electric sia per completare la gamma, sia per agevolare al meglio il suo ruolo da auto di città abbattendo ed aggirando ogni possibile blocco del traffico. Con un motore da 80 Kw ed un piccolo motore termico  – d’emergenza per eventuale imprevisti di ricarica -, con un’autonomia da stimare in circa 200-250 Km.

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Sul Suv compatto invece il progetto ab origine è la 500X. Il brand 500 per Fiat è stata una manna dal cielo, andando ad offrire un prodotto valido e dall’appeal certo, però la concorrenza si è fatta sempre più agguerrita – specialmente in ottica Hybrid – e sfruttare il marchio Lancia per lanciare la sfida alle giapponesi del segmento – Toyota in primis – ci sembra un’ottima idea.

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Infine l’ultimo punto, il più importante: la Delta. Ancora come per la Stratos, la sensazione è eguale. Brividi. Quando si scomodano mostri sacri del genere, parlare è sempre dura. Ma seppur dura nominare un mostro sacro è, non rimane di certo qualcosa di impossibile. La fortuna come abbiamo detto all’inizio ha un nome, Alfa Romeo, ed il suo rilancio è qualcosa di fondamentale per Lancia. Negli anni ottanta, il progetto 4 fece le fortune di Alfa, Fiat, Lancia e Saab. Oggi quel progetto 4 non c’è più, ma attuare una politica simile sfruttando il know-how del biscione maturato attraverso Stelvio e Giulia si può. Ormai è noto il fatto che entro 14 mesi verranno svelate due Alfa Romeo, un SUV compatto e la nuova Giulietta, che condivideranno lo stesso pianale pensato per ospitare sia trazione posteriore che integrale. Ancora aleggiano dei dubbi se sarà una nuova piattaforma oppure se verrà direttamente ricavata compattando il telaio Giorgio della Giulia. L’ottica rimane sempre la stessa, Hybrid. Motori benzina che vengono completati da quelli elettrici e perchè no, anche diesel. Francamente, questa potrebbe essere la base per una Nuova Delta che abbia la possibilità di vantare ottime soluzioni tecniche, all’avanguardia della concorrenza, le quali devono assolutamente svilupparsi di pari passo alla qualità dei materiali e degli interni in modo che, una volta al volante, ci si dimentichi quasi delle eccellenti doti dinamiche in favore di quel mix di eleganza e qualità. Perché Lancia è prima di tutto stile, eleganza e comfort come da tradizione. Abbinando questi elementi ad un buon telaio e a delle motorizzazioni valide, ci sembra che i risultati da ottenere – almeno in linea teorica – sarebbero degni del nome Lancia.

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Insomma, nel nostro pensiero comune la Lancia deve scendere a patti con il “Diavolo”. Seppur l’opzione Hybrid – e più in generale dell’elettrico – su un’auto di tradizione come la Lancia può far magari storcere il naso. Utilizzando però la ragione e analizzando i vari segmenti di mercato coperti in FCA, questo è l’unico slot libero e con un mercato in crescita capace di far ottenere una possibilità di rilancio e sviluppo per lo storico marchio torinese. E sinceramente ci pare un’ipotesi assai migliore di quella di lasciarlo ammuffire in qualche garage o sottoscala… Quindi, semmai qualcuno di importante in FCA – che ama i maglioncini – casualmente dovesse leggere questa nostra idea, magari può farne molto più che un articolo di un gruppo di ragazzi con un sogno nel cassetto…





Tags : DeltaFCALanciaSave the LanciaStratosYpsilon
Marco Perziani

The author Marco Perziani

Dal 1991 ossessionato dai motori. Vi parlo di nuove uscite, e narro storie. Tutto esclusivamente a base di cilindri, passione, odor di carburante possibilmente sulle note di un V10 aspirato.