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Max Verstappen ha ragione: a che cosa serve il format Sprint in F1?





Dopo due weekend di gara anomali, in Messico si tornerà alla programmazione canonica del fine settimana di Formula 1. All’Hermanos Rodriguez, in attesa delle tre sessioni di prove libere, della qualifica singola al sabato e del GP vero e proprio alla domenica, c’è chi prova a tirare le somme di due gare trascorse sotto il segno del format Sprint.

verstappen sprint f1
© Jared C. Tilton/Getty Images

Un ritorno alla normalità, a una sorta di rassicurante tradizione. Il Messico restituisce alla F1 il format che le appartiene e più di qualcuno, dopo due weekend di gara funestati dalla inutile duplicazione di qualifiche e gara, tira un sospiro di sollievo. Non un parco chiuso già in vigore dal venerdì, non una doppia qualifica che costringe a sacrificare set di gomme mettendo fuori dai giochi potenziali protagonisti dell’ultimo tentativo che tanti aspettano con il fiato sospeso. Neppure una gara Sprint che finisce per essere sfruttata come una lunga simulazione di passo gara da chi, macchiandosi di un’orrenda colpa, non è riuscito a mettere perfettamente a punto in un’ora di lavoro scarsa uno dei mezzi meccanici più complessi del mondo. Niente di niente, alleluia alleluia.

Questa battuta d’arresto alla frenesia ipertrofica della Formula 1 moderna, questo weekend che pare affrontato al passo rispetto al ritmo infernale dei due appena trascorsi, ha dato ad alcuni il tempo di riflettere e di porsi delle domande. Tra queste, una giganteggia su tutte le altre: ma a cosa serve il weekend Sprint?

“Penso che dovremmo semplicemente sbarazzarci dei weekend sprint – ha detto Max Verstappen, citato da Motorsport.com, nel giovedì del GP del Messico – “In questo modo tutti potranno mettere a punto la propria macchina come accade nei weekend con il format tradizionale: quanto è successo ad Austin, con le squalifiche post gara, non sarebbe avvenuto in un fine settimana normale. Anche noi siamo stati condizionati, siamo stati un po’ troppo conservatori, ma è comunque meglio dello scenario opposto”. Il Campione del Mondo dà voce a un pensiero che abbiamo formulato un po’ tutti: se avessero avuto a disposizione tre sessioni di prove libere per trovare il giusto assetto sulle proprie monoposto, Mercedes e Ferrari non sarebbero incappate nella squalifica di Hamilton e Leclerc.

 “Sappiamo che con il format Sprint hai solo un’ora di tempo per mettere tutto a punto – ha aggiunto l’olandese – “Se dopo scopri di avere un problema non c’è nulla che la squadra possa fare. Nel caso specifico di Austin l’unica possibilità poteva essere aumentare la pressione delle gomme, ma poi ci saremmo ritrovati a correre con quattro palloncini”. “Mi chiedo sempre: perché?” – ha proseguito il #1 riferendosi al format Sprint –Perché dobbiamo provare a inventare qualcosa? Penso che il nostro prodotto funzioni al meglio se ci assicuriamo che le monoposto siano competitive e che rimangano tali per molto tempo. Perché ci sforziamo sempre di trovare cose nuove? Sembra una follia, dobbiamo sempre trovare qualcosa di diverso. Voglio dire, nel calcio non cambiano le regole, è così da 100 anni. Perché all’improvviso noi abbiamo bisogno di inventare altre cose per cercare di rendere il nostro sport divertente?”.

Domande lecite, destinate però a rimanere senza risposta. La Formula 1 – che non più tardi di qualche anno fa dava vita a sondaggi a tema Sprint che dimostravano l’esatto contrario di quello che affermava – di queste critiche non dà notizia sui propri canali, nasconde sotto al tappeto il fatto che nel weekend del GP degli USA il format Sprint non abbia condotto a un maggior numero di biglietti venduti, va avanti imperterrita per la sua strada apparentemente incurante delle falle presenti sotto la linea di galleggiamento della propria barca. Come altro potrebbe essere definita la raffazzonata sessione di Track Familiarisation, inserita en passant durante il weekend del GP del Qatar per riparare a errori propri e necessaria per dare modo ai piloti di verificare i cambiamenti di un circuito sul quale di lì a poco sarebbero dovuti andare al massimo? E che dire della motivazione utilizzata per normalizzare la casualità e l’incompletezza dei controlli post gara? La mancanza di tempo derivante dalla delirante combinazione di format Sprint e gare back-to-back, individuata come giustificazione all’indomani della gara di Austin, è figlia di una fretta che la Formula 1 ha scientemente deciso di imporsi senza alcun motivo logico. Chi è causa del suo mal, recita un vecchio adagio, non può fare altro che piangere se stesso, e di certo non può permettersi di pretendere la comprensione altrui.

“Credo che il successo del nostro sport passi dall’avere tante auto vicine che si contendono una vittoria” – ha proseguito ancora Verstappen – “Se hai quello non hai bisogno di un format Sprint”. Che anzi, come sottolineato dallo stesso #1 nel sabato di Austin, diluisce anche la curiosità nei confronti della gara della domenica: i tifosi Ferrari, per esempio, dopo la Sprint degli USA erano perfettamente consapevoli del fatto che nella gara lunga Leclerc non avrebbe avuto alcuna chance di rimanere davanti. “L’obiettivo deve essere quello di avvicinare la performance delle squadre, è questo l’aspetto principale. Poi si può lavorare per favorire i sorpassi, per non avere problemi quando si segue un avversario, ma l’aspetto cruciale è avere più squadre in lotta per la vittoria, questo rende il nostro sport interessante. E aggiungo che vincere una gara sprint non mi dà soddisfazione, poi facciano quello che vogliono, ma per quanto mi riguarda trovo questo format davvero poco interessante”, ha infine concluso l’olandese della Red Bull che, come tutti i suoi colleghi, sarà chiamato ad affrontare nuovamente un weekend Sprint in occasione del Gran Premio del Brasile. 

Come dite? In Brasile ci sono sempre state gare Sprint molto divertenti? Ammesso e non concesso, ed è anzi probabile che anche quest’anno non rimarremo delusi dal fine settimana di San Paolo. Interlagos è tuttavia un circuito particolare, raramente teatro di gare noiose, ed è inutile negare quanto il mostruoso weekend di Lewis Hamilton abbia influenzato in maniera positiva la nostra percezione dell’edizione 2021 del GP. Una rondine non basta a fare primavera, e sarebbe ora che lo iniziasse a capire anche la Formula 1. 





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Stefano Nicoli

The author Stefano Nicoli

Giornalista pubblicista, innamorato dal 1993 di tutto quello che è veloce e che fa rumore. Admin e fondatore di "Andare a pesca con una LMP1", sono EXT Channel Coordinator e Motorsport Chief Editor di Red Bull Italia, voce nel podcast "Terruzzi racconta", EXT Social Media Manager dell'Autodromo Nazionale Monza e Digital Manager di VT8 Agency. Sono accreditato FIA per F1, WRC, WEC e Formula E e ho collaborato con team e piloti del Porsche Carrera Cup Italia e del Lamborghini SuperTrofeo, con Honda HRC e con il Sahara Force India F1 Team. Ho fondato Fuori Traiettoria mentre ero impegnato a laurearmi in giurisprudenza e su Instagram sono @natalishow