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Storie di Dakar: La PanDAKAR, ovvero la voglia di non arrendersi mai





Storie di Dakar: La PanDAKAR, ovvero la voglia di non arrendersi mai

Non è neanche lontanamente tra le favorite per la vittoria, ha partecipato in sole 4 occasioni ed in nessuna di esse ha mai visto la linea del traguardo ma nonostante ciò, è amata da ogni appassionato di Raid che si possa definire tale.

Si tratta della mitica PanDAKAR, chiamata quest’anno a combattere per la quinta volta sotto il segno di Davide per sconfiggere Golia, la montagna, che in ogni occasione si è frapposto tra la vettura della casa torinese e l’agognato traguardo.

A muoverla sono la passione, la tenacia e la grandissima competenza del team Orobica Raid, che possiede il mezzo, dei piloti Giulio Verzeletti e Antonio Cabini e di Jollycar, la struttura governata da Loris Calubini fondamentale per la preparazione dell’auto.

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La storia:

Il progetto PanDAKAR nasce nel tardo 2006, quando il neonato team FIAT-Abarth PanDAKAR dichiara di voler portare alla Dakar 2007 (l’ultima disputata in Europa/Africa NdR) una delle vetture più diffuse in Italia, ovvero la Panda. Le cose purtroppo non vanno secondo gli auspici: infatti la prima delle due vetture schierate, pilotata dal leggendario rallista Massimo Biason e da Tiziano Sivero, accusa problemi alla trasmissione nel corso della quarta tappa mentre la seconda, con alla guida il francese Bruno Saby e Rudy Briani, è costretta ad alzare bandiera bianca poco dopo a causa dello smarrimento del camion di assistenza nel bel mezzo del deserto marocchino.

In seguito a questo primo tentativo, il team viene acquistato da Orobica Raid, che si mette al lavoro e si ripresenta, nuovamente con due vetture, all’edizione 2011. Anche in questo caso le Panda si fermano ben lontane dal traguardo: la prima, guidata dalla coppia Elio Moro/Eleonora del Pra, si ritira per un guasto meccanico durante la quarta tappa mentre l’altra, di Loris Calubini/Giulio Verzeletti, viene squalificata per somma di penalità alla partenza della sesta, poiché spesso in ritardo ai punti di controllo o costretta a tagliare parti del tracciato prescritto.

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Il team decide di tornare l’anno successivo, arrivando ancora più avanti che nei precedenti tentativi, ma nonostante gli sforzi anche in quest’occasione le auto non vedono il traguardo, ritirandosi entrambe nel corso dell’ottava tappa sfinite dai 722 km della Copiapò-Antofagasta. In quest’occasione Miki Biason, alla guida di un camion Iveco del team Orobica che sarebbe semplicemente dovuto essere di supporto alle auto, insieme a Giorgio Albiero e a Michel Huisman riesce a raggiungere un ottimo sesto posto di categoria vincendo 3 prove: si tratta del primo mezzo del team Orobica a vedere la linea del traguardo, ma ovviamente questo non è ancora abbastanza.

L’ultimo tentativo disputato, nel 2014, ha visto la partecipazione di una sola Panda, guidata da Giulio Verzeletti/Antonio Cabini, al fine di ridurre i costi. È sicuramente stata l’edizione più sofferta tra quelle disputate poiché, data la scarsa solidità delle gomme utilizzate (si sono contate circa 15 gomme tagliate nei primi 4/5 giorni) la squadra è stata costretta ad aumentare la pressione degli pneumatici per non forarli, sforzando così le sospensioni in maniera non prevista. Per preservare queste ultime si è deciso di ridurre l’andatura, rinunciando così al sonno ed ai pasti per dedicare le pochissime pause a disposizione alla manutenzione. Il sogno si è purtroppo spento durante la terzultima tappa, da Antofagasta ad El Salvador, quando le vibrazioni hanno avuto la meglio causando la rottura del montante destro: la squalifica del camion di supporto, arrivato in ritardo al termine della prova precedente, ha fatto il resto.

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L’edizione 2017:

Tuttavia, dopo questa enorme delusione, la squadra si è ulteriormente rimboccata le maniche mettendo in campo tutte le proprie conoscenze tecniche e tutto ciò che avevano appreso dalle precedenti sfide al fine di poter finalmente giungere alla conclusione della corsa, senza ovviamente badare alla classifica: proprio per questo, oltre che per ovvi motivi di carattere economico, sono stati fatti trascorrere due anni senza partecipazioni.

Ma ora il mezzo, basato sulla Panda Cross 4×4, è pronto: le gomme e gli ammortizzatori, che avevano funestato l’avventura nel 2014, sono stati notevolmente migliorati, così come la trasmissione e la frizione, che sono ora costituiti da pezzi nuovi creati ad hoc per l’occasione da Jollycar, gestita dallo stesso Loris Calubini che gareggiò per il team nel 2011.

È stato riveduto e corretto anche il turbo del motore MultiJet da 1.900 cc e capace di quasi 180 CV di potenza, adattato per lavorare anche alle pressioni minori imposte dall’alta montagna mentre non è stato minimamente toccato il resto del motore, la cui affidabilità non ha rappresentato un problema nel recente passato.

Con al volante il medesimo equipaggio dell’ultima edizione disputata, all’interno del team sono fiduciosi. Difatti la Panda, per sua struttura, non può competere in una Dakar, tantomeno in quella che è già stata in più occasioni definita la più dura di sempre; tuttavia questo lei non lo ha ancora sentito così ci prova lo stesso, anche perché i ragazzi che ormai la coccolano da tanti anni sono stati magistrali nel fornirle un efficacissimo paraorecchie.





Tags : Dakar 2016PanDAKAR
Michele Nicolini

The author Michele Nicolini

Nasco in Liguria durante il GP di Spa 1998 e, come era prevedibile, dimostro fin da subito una grande passione per qualsiasi cosa abbia delle ruote e un motore indipendentemente dalla categoria. Su Fuori Traiettoria mi occupo del mondo rallistico ma non solo, occasionalmente trattando altri ambiti.